Quinta puntata.
Intervista al dott. Giuseppe Rossi
presidente del Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise
tratto da gaianews.it

Siamo con Giuseppe Rossi presidente dal giugno 2007 del Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise. Giuseppe Rossi è stato direttore di Federparchi e presidente del Parco Nazionale del Gran Sasso


Domanda : Può dirci quando e in quali occasioni si è occupato dell'Orso Marsicano?

Giuseppe Rossi: Ma guardi potrei partire da molto lontano: dal punto di vista operativo, di impegno lavorativo, dagli anni '70, da quando diventai funzionario del Parco Nazionale d'Abruzzo. Poi, negli anni successivi, in funzione anche di dirigente e vicedirettore del parco fino al 1993. Ma non me ne sono occupato da un punto di vista scientifico, questo vorrei precisarlo, ma semplicemente da un punto di vista gestionale e da un punto di vista amministrativo, se così si può dire. Se volessi tornare ancora più indietro potrei addirittura dire da bambino, perché io sono nato a Civitella Alfedena, un piccolo paese nel parco e ho avuto la grande fortuna di vedere per la prima volta l'orso all'età di cinque anni e da quel momento me ne sono occupato perché me ne sono innamorato. L'antropizzazione e la frammentazione del territorio

D .: Ci può dire quando l'orso è diventato una specie a rischio di estinzione e dove viveva?

G.R.: La modesta popolazione di Orso Marsicano è stata sempre a rischio infatti nel 1921 fu proposta l'istituzione del parco dall'allora parlamentare abruzzese di Pescasseroli Erminio Sipari sollecitato peraltro dal mondo della scienza, della cultura e dell'associazionismo dell'epoca a istituire il Parco Nazionale proprio a difesa dell'Orso Marsicano che già all'epoca era a rischio di estinzione insieme al Camoscio d'Abruzzo. Ma persino nei decenni precedenti, dall'unità d'Italia, era sentita questa problematica perché alcuni esponenti, seppure locali, avevano proposto di istituire qui nella Marsica una riserva reale di caccia per riservare al re il diritto di cacciare, ma nello stesso tempo per impedire che ci fosse una caccia organizzata e non controllata. Perciò già allora c'era la sensazione che potesse scomparire. Evidentemente il rischio è aumentato e di molto negli ultimi decenni a causa di uno sviluppo probabilmente eccessivo e comunque poco controllato del territorio e a causa di tantissimi altri fattori oggi la popolazione è molto esigua, si è ridotta a poco più di 40 esemplari ed il rischio è diventato concretissimo. Le motivazioni sono diverse, possono essere individuate appunto nella eccessiva occupazione del territorio da parte dell'uomo, nella frammentazione del territorio tenendo conto che la popolazione di Orsi Marsicani, seppure esigua, è concentrata nel parco e nelle aree limitrofe quindi è una popolazione ad alta densità abitativa. L'orso avrebbe bisogno di più spazio. Quindi avrebbe bisogno, per poter riprendere ad aumentare dal punto di vista numerico, di allargare il proprio areale, magari di una maggiore tutela e attenzione fuori dal parco e negli altri parchi nazionali e nelle aree di connessioni fra parchi nazionali, regionali riserve naturali e attraverso una cura più attenta del restante territorio. Insomma, la frammentazione territoriale, il disturbo eccessivo da interventi antropici, in qualche caso anche dall'intromissione turistica, da interventi di cosiddetta valorizzazione, ma magari poco controllati e magari in aree non adeguate comportano disturbi evidenti che incidono sulla popolazione dell'orso, sulle sue abitudini di vita, sui suoi spostamenti, e aumentano quindi i rischi.
D.: Ci può spiegare meglio cosa intende con frammentazione del territorio?

G.R.: Sì, l' eccessiva urbanizzazione del territorio: per esempio la realizzazione di strade, tagli eccessivi di boschi in alcune situazioni, la realizzazione di impianti sportivi, scioviari in particolare, o di altro genere. Insomma, l'insediamento dell'uomo dove potrebbe benissimo fare a meno di insediarsi.

D.: Questo succede anche all'interno del Parco Nazionale d'Abruzzo?

G.R..: Bè fortunatamente ora all'interno del parco questo non accade più, è accaduto purtroppo negli anni dell'immediato dopoguerra fino agli anni '70 metà anni '80, quando lo sviluppo turistico dell'epoca ha evidentemente creato molti danni e molti disturbi. Oggi la maggior parte del territorio del parco è tutelata in modo adeguato. Il problema esiste nelle aree contigue, nelle zone esterne, nella cosiddetta area di protezione esterna.

Aumentare le zone di protezione dell'orso: quali strategie?
Il rapporto con le istituzioni delle aree limitrofe al parco


D.: Lei parlava prima di allargare l'areale. Allargare l'areale in termini di accordi che si prendono con le istituzioni che hanno la responsabilità di gestire le aree contigue oppure allargare l'areale nel senso proprio di aumentare l'area afferente al parco?

G.R.: Ci possono essere diverse soluzioni o comunque soluzioni combinate. Noi chiediamo innanzitutto di valutare l'opportunità in alcune zone di ampliare proprio il territorio del parco. In altre aree chiediamo una maggiore attenzione, una più attenta politica di conservazione da parte di tutte le istituzioni che in qualche modo sono coinvolte. Non dimentichiamo che qui nel centro Italia è stato sottoscritto da vari organismi innanzitutto dalle regioni, dalle province, dalle associazioni e dagli enti di gestione dei parchi regionali, nazionali e dalle riserve naturali e dal Ministero dell'Ambiente un atto, il cosiddetto PATOM, che è il Piano d'Azione per la Tutela dell'Orso Bruno Marsicano che prevede tutta una serie di azioni importanti che riguardano la tutela forestale, il controllo del traffico nelle aree naturali, alcuni studi importanti per definire ancora le caratteristiche di questo animale, ma soprattutto gli spostamenti, le esigenze territoriali che devono essere soddisfatte. Una serie di provvedimenti che poi purtroppo non sono mai stati adottati pure essendo stati dichiarati da parte di queste autorità. Pensiamo che l'ampliamento del parco in alcune zone particolarmente vulnerabili dal punto di vista naturalistico sia non solo opportuno, ma necessario. In altre aree occorre istituire quelle famose aree contigue previste dalla legge, dall'articolo 42 della legge sulle aree protette quella del 7 dicembre del 1991. Area contigua che per quanto riguarda il parco nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise è stata istituita d'intesa con l'Ente Parco soltanto nella regione Molise mentre non si riesce ad istituirla con le regioni Abruzzo e Lazio e questa invece sarebbe una cosa determinante perché permetterebbe di controllare una serie di attività antropiche in quelle aree che oggi sono di evidente disturbo.

D.: Non si riesce per una scarsa collaborazione con le regioni?

G.R.: Eh sì, per una incapacità, definiamola così, di coordinarsi tra le regioni e le altre istituzioni. Adesso poi bisognerebbe capire, ma su questo noi abbiamo le idee sufficientemente chiare, se si tratta di scelte politiche chiare, di eventi ragionati, oppure se si tratta di mancanza di coraggio sempre per ragioni di carattere politico.

D.: E comunque da parte vostra l'intenzione è chiara, il progetto è chiaro e le motivazioni anche, quindi si tratta di avere un riscontro dall'altra parte?

G.R.: Assolutamente. Tra l'altro noi stiamo concludendo una ricerca scientifica importante condotta dall'università La Sapienza di Roma dalla quale scaturiranno dei risultati e scaturiranno anche delle proposte rispetto ai provvedimenti che l'Ente Parco, per quanto di sua competenza, dovrà adottare e penso scaturiranno delle proposte che anche altre istituzioni dovranno adottare. A quel punto nessuno potrà più nascondersi, ognuno dovrà fare la parte che gli compete e vedremo chi la farà.

D.: Per la sua esperienza si può dire che la popolazione dell'orso sia in diminuzione?

G.R.: Sì, è molto probabile anche se per carenza di studi e di ricerche sufficienti in passato una consistenza vera non è stata mai valutata. Nei decenni precedenti sono state date delle cifre, delle indicazioni, però mai scaturenti da ricerche puntuali. Si sono fatti molti monitoraggi e dei censimenti, ma da questi risultava all'epoca che gli orsi fossero un numero maggiore rispetto ad oggi però già a quei tempi molti ricercatori avanzavano dei dubbi su quei numeri. Tanto che negli ultimi anni si è deciso di fare una ricerca finalmente completa, almeno così ci auguriamo, che possa stabilire una volta per tutte la popolazione di Orso Marsicano che vive in questo areale e che, come dicevo prima possa dare anche indicazioni precise su quello che bisogna fare per assicurare, o almeno per cercare di assicurarne la sopravvivenza. Il Patom, quel famoso patto, prevedeva anche l'impegno da parte delle istituzioni per quanto concerne il miglioramento e il potenziamento della ricerca e degli studi, del monitoraggio territoriale: una ricerca è fatta di tantissime cose. E quindi anche per la disponibilità di risorse, ad esempio per il risarcimento dei danni causati nell'allevamento e nell'agricoltura e così via… Purtroppo tutto questo non è stato fatto: purtroppo gli enti parco come tutti, stanno vivendo anche un momento difficile. Dal punto di vista finanziario sono in difficoltà operative notevoli e questo incide indubbiamente anche sulle possibilità di adozioni di provvedimenti più decisivi, più completi. Tenendo conto che quella ricerca di cui parlavo poc'anzi è stata possibile grazie alla donazione di una signora americana di un discreto fondo finanziario all'Università di Roma che poi ha utilizzato per la ricerca sull'Orso Marsicano nel nostro territorio. Ora noi abbiamo in corso un “Progetto Life” finanziato dalla Unione Europea, al quale partecipano anche tantissimi altri organismi compresi organismi del nord Italia e delle Alpi perché il progetto riguarda sia l'Orso Marsicano che l'Orso Bruno, relativamente alla popolazione del Trentino e del Friuli Venezia Giulia. Anche questo progetto dovrebbe dare a noi amministratori delle indicazioni puntuali per fare in modo che poi si possano adottare i provvedimenti che competono all'amministrazione.

L'allevamento nel parco e gli indennizzi a pastori e allevatori: la relazione con i casi di avvelenamento


D.: Secondo lei quali sono attualmente le causa della difficoltà a creare una popolazione stabile?

G.R.: Per il momento magari anche una bassa riproduttività, anche se la nostra popolazione è una popolazione è molto attiva. E poi le condizioni ambientali in qualche parte compromesse e questa forse eccessiva, dico forse, ma è certa, questa certa eccessiva invadenza dell'uomo. Il territorio andrebbe curato con maggiore attenzione, andrebbe sorvegliato, vigilato con maggiore attenzione, andrebbe soprattutto usato con maggiore attenzione. Uno dei problemi più gravi che ci troviamo a dover affrontare e che mi auguro possa essere affrontato anche dagli enti locali che sono più direttamente interessati, ma anche dalle regioni, che sono anche altrettanto interessate e anche dalle categorie, è quello dello sfruttamento dei pascoli che è eccessivo, sia per quello che riguarda il vero e proprio pascolamento, quindi il danneggiamento del pascolo in sé, sia per la presenza, che in certi casi crea proprio disturbo, di un numero esagerato di animali al pascolo, che sono in genere e anche questo può essere un problema, animali di grosse dimensioni, soprattutto bovini ed equini. Tenendo conto che l'orso era stato abituato per secoli alla presenza di un altro allevamento che era l'allevamento degli ovini, che è un allevamento controllato con la guardiania. Era del tutto compatibile e potrebbe essere ancora oggi del tutto compatibile. Se esercitato in un certo modo. Un allevamento brado, incontrollato, senza guardiania, che invade sistematicamente l'intero territorio del parco. questo è un problema gravissimo che va affrontato quanto prima nel migliore dei modi e noi ci auguriamo anche risolto, non sarà semplice perché qui entrano in gioco interessi vari e con i quali bisogna fare poi i conti.

D.: Quindi anche per la risoluzione di questo problema voi avete a che fare con le amministrazioni comunali provinciali e della regione, giusto?

G.R.: Il tentativo che peraltro il parco fa correntemente è di conciliare le esigenze di conservazione del parco con le esigenze, diciamo così, di sviluppo delle comunità che perseguono queste altre istituzioni, queste altre amministrazioni. Il parco però sta facendo anche uno sforzo importante cogliendo già dei primi risultati di disponibilità debbo dire, affinché queste amministrazioni poi colgano l'importanza della conservazione delle specie in particolare dell'orso, ma non soltanto. Diciamo della conservazione del parco che è un patrimonio non dimentichiamolo, certamente ecologico e naturalistico, ma è anche un patrimonio economico per queste comunità e se l'Orso Bruno Marsicano dovesse disgraziatamente scomparire da questo territorio, io non vorrei esagerare, ma potrebbe portare con sé anche la scomparsa degli uomini di questo territorio.

D.: Potrebbe accennarci a come funziona la normativa per gli indennizzi? Cioè se un pastore subisce una perdita a causa dell'orso, oppure un allevatore....

G.R.: Sì, segnala al parco l'avvenuto danno, la direzione dell'ente dispone un sopralluogo da parte del proprio personale, in genere le guardie del parco o del corpo forestale dello stato con il veterinario del parco e il veterinario dell'azienda sanitaria locale, viene verificato il danno, se è addebitabile o meno ad una specie selvaggia e poi viene fatto un rapporto con la quantificazione del danno e con il relativo parere. Se positivo si procede con la liquidazione, se negativo perché magari difficilmente imputabile all'orso, al lupo o ad altra specie, oppure se chiaramente non imputabile a queste specie, magari a cani inselvatichiti o a cani randagi, allora il pagamento non si verifica.

D.: L'indennizzo è totale, è del 100%?

G.R.: L'indennizzo corrisponde alla valutazione che viene fatta dagli esperti quando fanno il sopralluogo. In molti casi soddisfa l'allevatore, in qualche caso non lo soddisfa, ma insomma, questo è nelle cose, è normale. Io posso dire che la stragrande maggioranza degli allevatori locali è soddisfatta dell'azione di risarcimento dell'ente sia in termini quantitativi che qualitativi sia per quello che riguarda i tempi del pagamento.

D.: Secondo lei c'è una relazione fra questa politica degli indennizzi e i casi di avvelenamento di orso oppure no? Quelli sono da attribuire al bracconaggio…

G.R.: Questo è difficile stabilirlo: qualche sospetto ovviamente viene perché non ci sarebbe altra spiegazione. Sta di fatto che negli ultimi tempi l'uso del veleno e di altre sostanze tossiche è aumentato. Ora bisogna capire se è indirizzato agli orsi o se è indirizzato ad altre specie e poi gli orsi ne rimangono vittima. Di questo purtroppo non possiamo dire con certezza. Quello che è un fatto verificato è il ritrovamento abbastanza costante di sostanze con bocconi avvelenati per usare un termine oramai anche storico. E questo avviene soprattutto nella zona di protezione esterna, ma qualche caso anche all'interno del parco, tant'è che, com'è noto, tre anni fa proprio in contemporanea con l'insediamento dell'attuale amministrazione dell'ente tre orsi e vari altri animali, tra cui quattro lupi, rimasero vittime di avvelenamento all'interno dl parco, nel cuore del parco in quel caso.

La gestione delle foreste, la chiusura delle strade e la sorveglianza


D.: Se lei dovesse dire quali sono i problemi che andrebbero risolti con urgenza quali indicherebbe e con quali modalità?

G.R.: Ripeto, noi attendiamo, perché l'amministratore questo deve fare, indicazioni precise che ci vengono da chi gli orsi li studia, li ha seguiti per anni, ne ha capito i movimenti, gli spostamenti, le esigenze, l'alimentazione e via dicendo. Quindi i provvedimenti definitivi potranno essere adottati nel momento in cui ci verranno indicati appunto dagli esperti. Pensiamo che alcuni provvedimenti importanti dei quali il parco reclama l'adozione da tempo sarebbero anche provvedimenti semplici come ad esempio, da parte dei comuni d'intesa con il parco, il parco ha fatto molte proposte in passato e purtroppo alcuni provvedimenti dell' ente sono stati anche impugnati, l'ente ha persino perso qualche provvedimento da questo punto di vista, la chiusura al traffico motorizzato delle strade di montagna e delle strade di penetrazione delle valli, delle cosiddette strade forestali che non riescono ad essere adeguatamente controllate: perché noi assistiamo in modo impotente all'invasione dei fuoristrada e dei mezzi che vanno sulla neve, i cosiddetti Quad, che è difficile controllare su tutto il territorio dell'ente perché se tu controlli un'area questi vanno su un altro versante. D'altra parte il parco fra area centrale e area di protezione esterna, area contigua, consta di 130.000 ettari e controllarlo tutto passo per passo non è cosa facile. Ecco perché sarebbe determinante associare l'interesse e l'impegno di tutte le istituzioni verso la tutela e la conservazione dell'Orso Marsicano. Noi faremo una discussione, ho già parlato con il presidente della Comunità del Parco, innanzitutto con i comuni per individuare una linea d' intesa e per far sì che gli enti locali insieme al parco, decidano di chiudere d'intesa al traffico motorizzato queste strade perché questo sarebbe già un primo passo importante.
Poi dovremo individuare una migliore gestione delle foreste per quanto riguarda i tagli, però tenga conto che il parco non è proprietario dei territori. I territori sono tutti demani comunali dei quali la maggior parte, per non dire la totalità, sono soggetti ad usi civici da parte delle comunità locali che, come è noto, per legge non possono essere condizionate. Per cui il parco riesce ad impedire dei tagli dei boschi soltanto con un indennizzo dei comuni o con il pagamento di un canone, se non ci sono risorse. Evidentemente questo diventa difficile se non impossibile. Cioè oggi i tempi sono quelli che sono: noi però resistiamo e per oggi garantiamo almeno per 15.000 ettari una certa tranquillità, perché sono superfici che abbiamo assunto dai comuni ai quali paghiamo un canone annuo, un indennizzo annuo per evitarne il taglio e l'utilizzo. Questa politica dovrebbe essere estesa anche ad altri comuni, ad altre areee e ad altri territori però in questo momento è impossibile per mancanza di risorse.
Un‘altra iniziativa sarebbe quella di gestire meglio il turismo, anche se certo non è stato dimostrato che il turismo crei problemi e difficoltà. Anzi vorrei dire che questo sicuramente non avviene. Quando però parliamo di un turismo organizzato, di un turismo gestito e veramente ecologico. La cosa che noi stiamo cercando di fare è di convertire anche flussi turistici potenzialmente dannosi in flussi innocui attraverso la creazione di una rete di guide, la creazione di alcuni territori da preservare in certe stagioni e in certi momenti. In alcune aree abbiamo anche istituito il divieto di accesso. Ma questi sono provvedimenti tampone, se possiamo così definirli che per alcuni casi dovrebbero diventare definitivi. Soltanto attraverso provvedimenti definitivi, ma bisogna fare i conti con le normative, con la situazione legislativa e il discorso qui si farebbe complicato….
Se riusciamo però ad associare l'impegno delle istituzioni pubbliche forse qualche risultato lo potremo ottenere.

D.: Invece per quello che riguarda la ricerca di cui attendete i risultati?

G.R.: Sì, alcuni ci sono stati anticipati. perché appunto, quando parliamo di chiusura delle strade, anche se poi stiamo approfondendo il tutto nel "Progetto Life", ci danno già delle prime indicazioni che dovranno poi solo essere confermate. I problemi li conosciamo già: è l'ufficialità che in un certo senso manca ancora perché la ricerca deve completare alcuni passaggi che sono importanti.

D.: E per quando è previsto?

G.R.: Dunque la ricerca dell'Università di Roma è in fase di conclusione e credo entro l'autunno noi avremo i risultati definitivi. C'è poi il "Progetto Life" che dura alcuni anni che però darà delle indicazioni per gradi. Se i comuni saranno disponibili alla chiusura di certi accessi, con il "Progetto Life" noi potremo procedere perché nel progetto ci sono anche, seppure modeste, delle risorse economiche da utilizzare per lo scopo. Quindi alcune cose si potrebbero fare penso anche in tempi relativamente brevi

D.: Quindi prima di avere i risultati della ricerca di Roma?

G.R.: Sì, o comunque in contemporanea, diciamo anticipando alcune misure e proseguendo poi successivamente con quelle che verranno indicate man mano dagli studi, da questa ricerca e anche dal "Progetto Life".
Quello che vorrei sottolineare è che l'Ente dedica particolare attenzione all'orso perché è certamente la specie più importante da preservare. Come sappiamo il Parco Nazionale d'Abruzzo è una delle aree più ricche di biodiversità certamente in Italia, ma anche in Europa: sono migliaia le specie animali e vegetali che occupano il suo territorio, però ci sono alcune specie come il Camoscio d'Abruzzo e l'Orso Bruno Marsicano che sono di valore incalcolabile, specialmente l'Orso Marsicano che vive solo in questo areale. Il camoscio fortunatamente in qualche modo è quasi certamente salvo perché è stato reintrodotto nei decenni passati a partire dagli anni '90, anche negli altri parchi del centro Appennino: Majella, Gran Sasso e Sibillini, per cui si sono costituiti dei nuclei anche a distanza tra loro e quindi garantiscono quantomeno la sopravvivenza. Per l'orso questo non è ancora avvenuto e quindi dobbiamo lavorare affinché, attraverso un'espansione naturale dell'Orso Marsicano possano essere conquistati territori. Quei territori di cui l'orso ha obiettivamente bisogno.



Intervista a cura di Federica Di Leonardo


Articolo tratto da gaianews.it