Sesta puntata. Intervista a Dario Febbo, direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, da gaianews.it
tratto da gaianews.it

Siamo con il dottor Dario Febbo direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise. Dario Febbo ha collaborato per anni con diversi parchi e riserve naturali, occupandosi anche dei piani paesistici. Ha lavorato presso il ministero dell’Ambiente per l’attuazione della legge 394 del ’91. Per 10 anni è stato direttore della Riserva naturale di Zompo lo Schioppo. Dal ’97 al 2004 è stato direttore del Parco del Gran Sasso e Monti della Laga.


Domanda: Può dirci in quale occasioni e quando ha avuto occasione di occuparsi dell’Orso Marsicano?

Dario Febbo: Prima di occuparmene adesso come direttore facente funzione ho fatto uno studio storico sull’Orso Bruno Marsicano che ho presentato al convegno di Plitvice in Croazia, un convegno internazionale sull’orso per capire come l’orso stava nei secoli scorsi in questo territorio.cioè su tutto l‘Appennino. Questo si è poi trasformato in una pubblicazione su una rivista Finlandese. Poi ho fatto diversi studi compilativi sull’orso sempre sulla storia dell’andamento della popolazione nel XX secolo. Cioè una pubblicazione che appunto parla degli orsi presenti e abbattuti diciamo dal 1910 al 1992. Poi ancora ho fatto parte del PATOM, quel patto che è stato siglato dal Ministero, dai parchi, dalle regioni del centro Appennino, dalle province e dalle Università, dal Corpo Forestale, perchè si pensa che tutti insieme si possa arrivare a salvare questa popolazione del centro Appennino e possibilmente allargarla. Con il PATOM abbiamo chiamato, diciamo così, alla responsabilità, tutte le altre istituzioni sul territorio a cominciare dagli enti più grandi, regioni e province e tutte le altre che le ho citato.

La salvaguardia dell’orso dalla fine del 1800 ad oggi

D.: Può dirci quando l’orso è diventato una specie a rischio di estinzione e quali aree abitava?

D.F.: Negli ultimi 400 anni l’areale dell’Orso nell’Appennino centrale era molto più esteso. Poi nei secoli scorsi era anche cacciato quindi quest’areale, quest’area dove viveva, pian piano si è contratta fino acridursi, nel secolo passato, solo ad un’area del Parco Nazionale d’Abruzzo, per ragioni specifiche. Nel senso che quest’area è stata fatta Parco nel 1923 per via del Camoscio e del Lupo e inoltre, nel 1800, appunto per salvaguardare questa specie, perchè c’era una caccia libera e incontrollata che ovviamente premeva anche sull’orso oltre che sul camoscio (200 anni fa si mangiavano prosciutti d’orso per intenderci) allora fu fatta alla fine del 1800 una riserva reale di caccia dimodochè a caccia ci potesse andare solamente il re e siccome non lo faceva mai, questo ha contribuito alla tutela di questo plantigrado perchè nel momento in cui era sta istituita la riserva reale di caccia era controllata da specifiche guardie. L’area dove vive attualmente è un areale di contrazione rispetto all’areale più ampio che aveva nei secoli passati.

D.: Quali sono state le modalità con cui si è cercato di evitare l’estinzione dell’orso ulteriormente alla creazione del parco, che è stata la cosa più evidente? E come è stata coinvolta la popolazione a queste nuove procedure?

D.F.: Innanzitutto nei due modi che le ho detto prima: prima della creazione della riserva reale di caccia non c’era nessun tipo di misura per conservare l’orso nel senso che poteva essere cacciato ed era cacciato con tutti i rischi di dare la caccia ad un animale molto motlo pericoloso, per cui pochi si azzardavano, però lo facevano. Quando è arrivata la riserva reale di caccia, ha messo uno stop almeno da punto di vista legale alla caccia all’orso. Questo è stato rinforzato dall’istituzione del Parco Nazionale d’Abruzzo nel 1923, che ovviamente prevedeva un corpo di guardie che vigilavano sul territorio. Quindi si è andati avanti in questo modo fino al ‘30-’35 quando l’Ente è stato un po’ escluso dalla gestione, è stato azzerato, nel vero senso della parola ed è stato ricostruito poi all’inizio degli anni ’50. Dagli anni ’50 con le guardie del parco si è cercato di salvaguardare l’orso nel senso di controllare attraverso le guardie cosa si faceva in foresta. Quello che è mancato almeno fino a 30 40 anni fa, fino alla fine degli anni ‘60 è stato il coinvolgimento della popolazione.Poi con il ristabilimento a partire in modo particolare dalla fine degli anni ’60 si è avuta tutta una informazione mirata alla popolazione per far capire come questa presenza fosse una cosa importantissima non solamente dal punto di vista naturalistico, per la sua rarità, ma anche per la fortuna dei paesi del parco perchè è una fortuna avere l’orso, da una punto di vista economico.

D.: Quindi la popolazione è stata sensibilizzata a quest’aspetto.

D.F.: Sì, da 40 anni a questa parte la sensibilizzazione è cominciata. Ci sono risultati perchè tutti sanno e capiscono che quando muore un orso non perde solo la natura, l’Abruzzo, il Lazio e Il Molise, l’Italia, l’Europa e tutto il mondo, ma si perde un elemento preziosissimo, con il suo patrimonio genetico importantissimo e sanno benissimo che se un giorno si dirà “ qui non c’è più l’orso” ci sarà un motivo in meno per venire al parco.

La popolazione degli orsi


D.: Possiamo parlare della popolazione degli orsi? Di quanti esemplari è costituita adesso, come si è evoluta la metodologia per contare gli esemplari, perchè non è stata sempre uguale negli anni, giusto?

D.F.: Ovviamente no, nel senso che fino a pochi anni fa la metodologia era quella tradizionalmente naturalistica, nel senso che si andava in cerca di tracce di orso, siano esse orme o graffi su alberi, sia predazioni di arnie o altro, oltre che l’avvistamento diretto, diciamo così, la raccolta di escrementi, la raccolta, quando possibile, di peli, quando l’orso passa ad esempio attraverso una chiudenda con filo spinato. Si faceva in questo modo e in questo modo si stimava la popolazione. Adesso con il satellite a disposizione gli orsi vengono catturati, vengono muniti di un radiocollare e sappiamo cosa fa 24 ore al giorno. Quindi è possibile capire la sua ecologia in modo molto approfondito e avere una possibilità di migliore gestione. Avere una informazione più completa sulla sua ecologia e biologia ovviamente permette di gestire in maniera ancora più puntuale la conservazione dell’orso.

D.: A proposito della questione del numero degli esemplari secondo lei si può dire che la popolazione è in diminuzione oppure no?

D.F.: Questo è un rebus che non si scioglierà mai, perchè l’orso era valutato fino a 10-15 anni fa in circa 100 esemplari e ora con ricerche più approfondite è valutato in 50-60 esemplari circa. Dire una cosa del genere vuol dire che la popolazione nel giro di 20-30 anni è diminuita del 40-50 %. A mio giudizio probabilmente prima non erano 100, anzi quasi sicuramente, per cui non mi avventurerei in questi confronti rispetto al numero. Probabilmente, può darsi che ci fosse qualche orso di più, 10 orsi di più, 20 orsi di più, ma a mio giudizio non più di tanto. La popolazione poteva arrivare a 70 orsi , ma a mio giudizio non di più. Adesso siamo intorno ai 50-60 diciamo che c’è stata una leggera diminuzione nel corso di 30 anni però adesso la popolazione seppur sul basso si è stabilizzata nel senso che le nascite compensano le perdite. Con un problema, che l’orso ha un ritmo di riproduzione molto lento nel senso che l’orso può avere piccoli ogni tre anni. In genere porta con sè i cuccioli per due anni circa, dopodichè si riaccoppia e nello stesso anno può avere una nuova cucciolata. Questo ritmo lento è uno dei problemi per la crescita della popolazione dell’orso, oltre che le morti per causa antropica, sia ben chiaro. Questo ritmo di riproduzione lenta condiziona l’espansione in aree più lontane del Parco Nazionale d’Abruzzo dove per adesso è concentrato il 90% della popolazione.

D.: Quindi possiamo dire che la popolazione dell’orso non sta aumentando, questo sicuramente…

D.F.: Sì possiamo dire che la popolazione dell’orso non sta aumentando, ma è stabile direi sui 50-60 esemplari, a mio giudizio. Se diciamo 50 secondo me ci azzecchiamo di più. Però siccome un range lo devi dare..., perchè non è che sono stati uno per uno individuati e fotografati. Diciamo che la popolazione del parco è intorno ai 50 orsi.

Le morti per cause antropiche e le relazioni con le vicine istituzioni Il PATOM


D.: Se lei dovesse dire elencare una serie di cause per cui la popolazione dell’orso non aumenta oltre a quella che ha già detto?

D.F.: Sì poi ci sono, sia ben chiaro, anche le morti naturali che colpiscono in modo particolare i piccoli. Nel senso che nell’orso, questa sottospecie, se vogliamo chiamarla sottospecie, ha un’alta mortalità dei cuccioli che contribuisce a diminuire lo sforzo riproduttivo. Quindi partiamo da questo: un’alta mortalità infantile poi una mortalità degli adulti per causa antropica fondamentalmente, pechè un orso adulto non può essere attaccato neanche da un branco di lupi. Quindi le morti, come dimostrano tutti i dati che abbiamo degli ultimi 40 anni, sono molte di origine antropica e determinate qualche volta da bracconaggio, qualche volta da avvelenamento. Qualche volta succede che un orso va sotto un treno o va sotto una macchina come è successo recentemente e come è successo in passato per cui praticamente questo determina un quadro di una popolazione che praticamente non riesce ad accrescersi Che ha all’interno del parco una densità ottimale, come ci dicono i ricercatori. Invece fuori dal parco la popolazione si ferma. Tenga conto che quando parliamo di ritmo di riproduzione o accrescimento della popolazione, che sono collegate, in una popolazione di 50 orsi possono esserci 10 -15 femmine riproduttive quindi solamente quelle si possono riprodurre e possono dare cuccioli ogni 3 anni alla media di due cuccioli, non di più, per femmina. Quindi 15 femmine per due sono 30. Cioè 30 nuovi nati ogni tre anni. Poi arrivano la mortalità infantile le cause antropiche che riguardano sia gli orsi adulti che i cuccioli e poi c’è anche la mortalità naturale degli adulti perchè ovviamente alla fine anche gli orsi muoiono. Possono arrivare anche a 15 anni o possono avere dei problemi di salute e morire prima. Ci sono tutte le componenti in questa popolazione che non si accresce.

D.: Per quello che riguarda l’alimentazione dell’orso, tutti gli orsi del parco sono ben nutriti?

D.F.: Si, gli orsi del parco hanno abbondanti risorse alimentari da utilizzare: quando si catturano e si analizzano le condizione di salute fisica sono in ottime condizioni.

D.: Sono in ottime condizioni. Quindi tutta la politica che è stata fatta di coltivare frutteti per lasciarli a disposizione dell’orso forse non era necessaria, o comunque non sarebbe necessario continuare quella politica adesso: oppure sì?

D.F.: Con i frutteti mangiavano pure, per carità; senza frutteti, abbiamo visto quando sono stati catturati recentemente che sono in ottime condizioni di salute quindi riescono tranquillamente a rimpiazzare l’approvvigionamento dagli ex frutteti, da quelli che una volta erano frutteti. Comunque noi abbiamo intenzione anche di rimettere in coltura dove è possibile i frutteti e in modo particolare meli e peri, potandoli e liberandoli dalla gramigna e dalle piante infestanti: quei frutteti che prima erano coltivati dagli agricoltori locali, sia ben chiaro: per esempio in Val Giovenco è pieno…quindi abbiamo intenzione di dare anche questo surplus alimentare per l’orso, visto che è un progetto possibile.

D.: Quindi secondo lei quali sono i problemi che andrebbero risolti con urgenza?

D.F.: Il problema che andrebbe risolto con urgenza è la morte per causa antropica: è in prima fila, è il primo che va risolto. E’ un problema molto complesso perchè non possiamo mettere l’esercito dentro il parco per controllare se qualche sconsiderato va a tirare uno schioppo all’orso o se disperde e sparge veleni, anzi non li sparge, li mette in maniera mirata per uccidere qualche orso. Quindi la salvaguardia dalle morti antropiche è affidata al controllo del territorio: è un patto oserei dire, civile, perchè l’orso è di tutti. Sta nel parco ma l’orso è di tutti, di tutte le persone che abitano al parco e ovviamente di quelle che non vi abitano perchè è un elemento di grande pregio faunistico e rarissimo di tutti i Centroappenninici, di tutti gli Italiani, di tutti gli Europei di tutte le persone del mondo. Lo sforzo deve essere congiunto perchè prima ancora di essere un probelma a carattere scientifico o di conservazione è un problema di carattere civile: assicurare a questa specie, a questa sotospecie, come dicono i ricercatori, che possa tranquillamente restare nel territorio dove è stato da sempre e che possa possibilmente espandersi perchè anche le aeree di espansione, 400 anni fa a nord e a sud dell’attuale Parc Nazionale d’Abruzzo erano zone abitate dall’orso. Adesso l’areale secondario, diciamo così, perchè c’è un areale primario che è il Parco Nazionale d’Abruzzo e poi c’è un’areale più ampio che va dai Sibillini al Matese comprendendo a est la Majella, a ovest i Monti Simbruini, in mezzo ci sono anche il Parco del Gran Sasso e il Parco del Sirente Velino che sono aree in cui l’orso potrebbe tornare con delle garanzie: nel senso che se ci torna e viene ammazzato non riesce a stabilirsi. Però nell’areale secondario, quello che ho appena indicato, dovrebbe avvenire la prima espansione dell’orso. Infatti già in queste aree qualche orso vaga e qualche orso si è stabilizzato in un’area che è di più di 1000 chilometri quadrati.

D.: Ci sono dei problemi riguardo questa espansione nella parte periferica dell’areale? perchè si tratta di altre istituzioni, giusto? Cioè si tratta di altre aree protette o comunque di altre istituzioni, comunali, provinciali, regionali….

D.F.: L’orso quando intraprende per un fenomeno anche naturale di dispersione, perchè ovviamente i giovani una volta che si allontanano dalla madre si vanno a cercare il loro territorio e se tutto il parco d’Abruzzo è occupato da altri orsi ovviamente cercano di estendersi al di fuori, non conoscendo i confini, come può immaginare… e quindi vanno nelle direzioni nord e sud a cercarsi il loro territorio. In questo senso corrono più rischi, nel senso che i territori non tutelati sono territori dove la caccia è aperta. La caccia all’orso comunque è vietata, ma si possono avere degli incidenti o si possono avere degli sconsiderati che gli sparano appunto perchè è l’orso. Quindi noi dobbiamo garantire che in queste aree di collegamento tra aree nazionali protette come appunto il Parco d’Abruzzo, quello della Majella, il Parco Regionale del Sirente Velino, il parco dei Simbruini i nostri Simbruini Abruzzesi, il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga che comprende anche un pezzo delle Marche e per ultimo il parco dei Monti Sibilllini , questa grossissima area nel centro Appennino, l’orso possa spostarsi attraverso quelli che noi chiamiamo corridoi ecologici, senza subire danni. Quindi noi dobbiamo tutelare anche questi corridoi ecologici. E li devono tutelare le istituzioni e gli enti il cui territorio ricade in queste aree. Nel senso che il Parco Nazionale d’Abruzzo non ha competenze al di fuori del proprio territorio, quindi può solamente stimolare che questo tratto di 5 chilometri che collega il Parco Nazionale d’ Abruzzo, chessò, alla Majella, che ha una possibilità di dispersione di giovani orsi, sia tutelato dalla provincia e dalla regione affinchè nessuno sconsiderato possa fare male all’orso. E così tutti gli altri corridoi che lei può immaginare: c’è il Parco Nazionale d’Abruzzo verso i Simbruini, verso il Sirente Velino, dove ci sono già migrazioni in questo senso e poi a salire verso i Monti Reatini, al parco Nazionale dei Monti della Laga e infine il parco Nazionale dei Monti Sibiliini. In quest’ultimo sono tre anni che avvistano un orso che verosimilmente si è stabilito là. La potenzialità che gli orsi si disperdano esiste, quando non hanno più territori al Parco Nazionale d’Abruzzo perchè è occupato dagli altri orsi.

D.: Ma c’è una reale collaborazione? Perchè noi abbiamo realizzato recentemente un’inchiesta sul protocollo per la realizzazione di un comprensorio sciistico che comprende anche un’area del parco Sirente Velino, dove ci hanno detto che l’orso può passare…

D.F.: Abbiamo prove di questo passaggio, ce l’ha anche il Parco Sirente Velino..

D.: Esatto, bene. Quindi in realtà la comunicazione e la comunità di intenti non sono complete e reali….

D.F.: Ci dovrebbero essere perchè è uno sforzo innazitutto civile e poi per mantenere la natura il più possibile intatta e poi per conservare una specie così rara per noi e per quelli che verranno…
D.: Perchè mi sembra che il problema che viene in evidenza è quello delle morti per causa antropiche all’interno del parco e nelle aree esterne al parco…

D.F.: Sia nella zona di protezione esterna che anche fuori...

D.: E però ci sono delle azioni che il parco in quanto tale può attuare per limitare questi danni oppure no? O chi può fare qualcosa per cercare di coordinare un’azione attorno alla salvaguardia di questo animale?

D.F.: Nel parco ci deve pensare l’Ente Parco sensibilizzando la popolazione, sorvegliando l’orso come ha fatto e quindi favorendo la sua vita in termini generali in relazione alla sua biologia e alla sua ecologia. Controllare il territorio in modo che non ci siano sconsiderati che possano fare male all’orso e stabilire una serie di relazioni con il mondo degli operatori economici in generale e con la popolazione residente perchè ci sia sempre questa consapevolezza che tutti quanti possono legittimamente e anche legalmente operare con le proprie attività senza danneggiare l’orso. Fuori dal parco invece è stato fatto il PATOM per le ragioni che lei diceva: cioè deve essere creato un coordinamento che non si può fermare al solo Parco d’Abruzzo, ma ci vuole un coordinamento e un controllo su tutto il resto di quello che potrebbe essere l’areale di espansione, cioè l’areale secondario, che sarebbe subito un areale di espansione se la popolazione riuscisse ad accrescersi. E infatti che le potenzialità sia dei territori che da parte dell’orso ci possano essere è dimostrato dal fatto che ci sono state tante segnalazioni nel corso degli ultimi 10-30 anni, forse anche di più, di orsi che come minimo si spostano al di fuori del parco e della sua zona di protezione esterna o come recentemente sembra poter essere affermato che qualcuno si sia stabilito in questi territori vicini al parco. Lo sforzo deve essere fatto dal parco dentro al parco e nella zona di protezione esterna e da tutte le altre amministrazioni che hanno firmato il protocollo di azione per la tutela dell’Orso :arsicano, il PATOM e quindi parliamo di province e di regioni. Per esempio le province hanno il diritto di pianificare l’attività venatoria e devono farla con molta attenzione facendo in modo che in quelle aree che sono di passaggio da un area ad un’altra siano gestite in un modo specifico per fare in modo che un orso che vaga all’interno non possa trovarsi in difficoltà. E’ una grande responsabilità di adottare provvedimenti al di fuori del Parco Nazionale d’Abruzzo per la tutela dell’orso a cominciare per l’appunto dalla tutela dei corridoi ecologici, cioè dalle strade che l’orso usa per spostarsi dal Parco Nazionale d’Abruzzo verso le aree contermini. La Regione, tra l’altro la nostra regione è la egione dei parchi e di questo gliene tornerà moltissimo anche se le cose stentano a decollare come dovrebbero, la Regione è l’ente che ha sul proprio territorio tre parchi nazionali e un parco regionale. In accordo coi parchi nazionali e dettando direttive precise al Parco Sirente Velino può dare un indirizzo e contribuire moltissimo alla salvaguardia dell’Orso Marsicano.

D.: Guardi il mio unico dubbio è che questo protocollo di intesa è stato firmato dalla Regione Abruzzo, dalla Provincia dell’Aquila, dal Parco Sirente Velino, dal Parco del Gran Sasso e Monti della Laga dopo che avevano sottoscritto il PATOM. E mi sembra che nel protocollo d’intesa non siano rispettati quei criteri di cui abbiamo parlato prima che sarebbero necessari per salvaguardare l’orso.

D.F.: La provincia dell’Aquila ha firmato il PATOM 4 o 5 anni fa, come l’hanno firmato le province di Pescara, Chieti, Teramo, Frosinone, Isernia, la Regione Abruzzo. Il PATOM è stato firmato da quasi tutti gli enti territoriali che rientravano nell’areale secondario potenzialmente utile all’orso per vivere e per espandersi. Pochissimi non hanno firmato e non saprei dirle neanche chi. Questo è stato fatto prima di quest’altro protocollo che lei mi dice…

D.: Esatto...

D.F.: Poi non so quale province e quali regioni abbiano firmato, in questo caso penso la Regione Abruzzo, quel protocollo che riguarda l’ampliamento degli impianti nell’area del Sirente Velino.

D.: Sì, mi sembra che ci sia una contraddizione.

D.F.: Non c’è una contraddizione fintanto che non fanno danni, non ci mostrano, non solo a noi del Parco, ma a tutti cittadini, noi del Parco Nazionale possiamo dire “lasciate spazio per l’Orso”, ma ovviamente non possiamo imporre alcunchè alla Provincia dell’Aquiila e alla Regione Abruzzo. Che ci mostrino quali sono i progetti per queste cose. Altrimenti non è possibile neanche valutare l’impatto. Che cosa si può fare in queste aree, in modo particolare nel comprensorio sciistico di Ovindoli, Rocca di Mezzo, Rocca di Cambio, Torninparte? Ecco, devono proprio aprire la carta e far vedere cosa vogliono fare. Ovviamente in relazione a quello che vogliono fare uno può dire questo danneggia, questo non danneggia, questo danneggia al 20 e questo danneggia al 90. Cioè bisogna vedere quali interventi vogliono fare. se vogliono fare tante piste di risalita tagliando moltissimi boschi fa male all’orso. Fanno una cosa diversa, io non so cosa, fanno meno male all’orso o non fanno male all’orso. Questo protocollo di cui tanto si parla, ma c’è una progetto di massima da poter valutare? Mi segue?

D.: Sì. io so, perchè l’ho chiesto al presidente del Parco del Gran Sasso e Monti della Laga , Arturo Diaconale, in un’intervista, che si tiene presente il Piano d’Area del 2004.

D.F.: Sì Il piano d’area del 2004, ero io al Gran Sasso, è l’anno in cui sono andato via, è molto ambizioso però ha molti limiti territoriali, infrastrutturali, di clima eccetera. Ovviamente io ho una storia di ambientalista di vecchia data, sono un tecnico, un ecologo di professione e un ambientalista per passione e convinzione per cui capisco cosa vogliono fare, capisco le potenzialità e tutti i danni che fanno. Tenga conto anche di una cosa, che sicuramente gli impianti di risalita e la gente che gira in tutti i recessi più reconditi, magari lasciando le piste e andando a disturbare gli animali sono un grande disturbo. Però d’inverno le situazione animali in montagna con tutta quella neve è una situazione che si sposta più a valle. Il lupo d’inverno non rimane nelle foreste perchè non trova niente da mangiare e scende più a valle. Se ci sono gli ungulati cioè cervi, caprioli e cinghiali, sono più a a valle. Quindi c’è anche questa considerazione da fare . Però rimane la considerazione di fondo che bisogna lasciare lo spazio per la vita agli animali che vivono in questi ecosistemi forestali, di altitudine, di parco. Non possiamo alterare in maniera profondissima, ma neanche profonda questo equilibrio che c’è.

D.: Le faccio l’ultima domanda, posso?
D.F: Prego.

D.: Quali sono le speranze per l’Orso Marsicano e se sono necessarie misure urgenti, da chi dipende che queste misure vengano attuate?

D.F.: La speranza è sempre l’ultima a morire, però io preferisco essere pessimista e mettermi sulla strada, degli interventi e del controllo dedicato all’orso in modo che la speranza poso concretizzarsi. Bisogna operare molto tutti i giorni perchè l’orso sia preservato secondo ciò che abbiamo detto durante questa nostra lunga chiacchierata. Dipende da chi? Dentro il Parco dipende dall’Ente Parco e dalla sensibilità di chi vi opera in termini economici. Dentro al parco il parco deve controllare il territorio: deve applicare tutte le misure necessarie affinchè l’orso possa vivere in tranquillità dentro al parco e lo deve fare quotidianamente. Io la mattina quando mi alzo, e non lo sto dicendo ora...anzi non lo metta neanche nell’intervista…da quando hanno investito quest’orsa, l’ho vista e mi ha fatto molto male, ma siccome seguo queste cosa da 30 anni…. ogni mattina in questa mia nuova vesto dico “cosa si può fare stamattina per l’Orso Marsicano?” E quindi per adesso in relazione a quest’incidente che ha lasciato tre cuccioli, monitoriamo tutti i giorni i cuccioli per vedere dove sono, se sono ancora tutti e tre. E quindi ci sono due o più pattuglie che guardano il parco, guardie del Corpo Forestale che fanno parte del servizio di sorveglianza del parco che sono in giro nei punti che conoscono benissimo a monitorare la presenza di questi cuccioli lasciati dalla mamma due mesi prima di quando li lascia normalmente. Normalmente li lascia fra metà giugno e inizio luglio. Li ha lasciati, perchè è stata investita a inizio maggio per cui la nostra preoccupazione per questi cuccioli è di monitorarli e di fare in modo, nei limiti del possibile perchè poi vivono in natura, che possano svilupparsi normalmente. Due di questi sono già grandicelli, perchè sono cuccioli dell’anno scorso e hanno già 17 mesi, uno di questi è un po’ più piccino e rischia di più, detto brutalmente e quindi bisogna allungare lo sguardo per creare tutte quelle condizioni che possano determinare la sua protezione. Questo è un modo molto mirato. Ovviamente più il territorio è controllato più le minacce eventuali all’orso possono essere evitate. Quindi bisogna fare tutto ciò che si può fare per favorire lo stanziamento dell’orso che comunque nel parco è in una situazione ottimale, e anche per favorire il suo sviluppo come popolazione, il suo sviluppo e la sua dispersione, in gergo tecnico, della popolazione che una volta occupato un territorio comincia a dirigersi in altri territori per occuparli.
Ecco questo tutti i giorni, da parte dell’Ente Parco perchè è tenuto a fare questo, ma da parte di tutti i cittadini, di tutti gli operatori locali dell’Abruzzo intero del Molise e del Lazio perchè il parco ricade su tre regioni e poi dalle province del PATOM, dall’Università, dal Corpo Forestale, da tutti che ogni giorno si dovrebbero porre visto che ci sono strutture dedicate il problema “Cosa possiamo fare noi per l’Orso?” Quali provvedimenti possiamo prendere. Mettere a coltura pereti e meleti? Benissimo…fare i dissuasori lungo le strade come faremo nelle prossime settimane per fare in modo che una macchina che passa lungo la strada rifletta le sue luci verso l’esterno, ai lati della strada in modo che un animale venga colpito da questa luce e non osi attraversare; mettere i limiti di velocità come abbiamo chiesto alla provincia dell’Aquila. Mettere i divieti di sosta lungo le strade che spesso l’orso attraversa da solo o insieme ai cuccioli. Provvedimenti di carattere anche, quando è necessario, ovviamente repressivi: ci sono le leggi, vanno rispettate e chi non le rispetta deve essere multato. Ovviamente allo stesso tempo con gli operatori dei territori e con i cittadini come Ente Parco, ma anche con tutti gli altri enti territoriali che fanno parte del PATOM, fare qualcosa ogni giorno per salvare l’orso.



Intervista a cura di Federica Di Leonardo


Articolo tratto da gaianews.it