Quarta puntata. Intervista a Franco Zunino: le aree Wilderness
tratto da gaianews.it

Per la quarta puntata dell'Osservatorio sull'Orso Marsicano abbiamo intervistato Franco Zunino , Segretario Nazionale per la Wilderness: di seguito troverete la seconda galleria del fotografo Carlo Romano.


Domanda : Siamo con il dottor Franco Zunino segretario dell'Associazione Nazionale per la Wilderness. Può dirci quando è in quali occasioni si è occupato dell'Orso Marsicano?
Franco Zunino : Si, io mi sono occupato dell'Orso Marsicano nei primi anni 70, praticamente dal 1970 quando mi trasferii dal Parco del Gran Paradiso al Parco d'Abruzzo. Venni incaricato di una ricerca per conto del WWF e dell'Ente Parco anche con i contributi di un'associazione inglese. Erano piccoli finanziamenti: era fondamentalmente l'Ente Parco che mi alloggiava e mi pagava vitto e alloggio, per cui la spesa maggiore era quella. Quella che ho fatto io fu la prima ricerca " scientifica" diciamo cosi, sull'orso, perché prima di questa mia ricerca non era mai stato fatto nulla a parte relazioni tecniche di enti o di guardie o di gente che lavorava per il parco. Venni incaricato io e con me venne incaricato un professore canadese che però venne a coordinare l'ultima fase della ricerca, quella della pubblicazione dei dati definitivi che poi apparvero sia in italiano in una pubblicazione ormai introvabile edita dal WWF e sia in una versione inglese pubblicata su Biological conservation una rivista che allora era fra le più prestigiose a livello mondiale, pubblicata in Inghilterra.

La ricerca sull'orso negli anni '70

Domanda : Può spiegarci l'argomento? Perché si decise di studiare l'Orso Marsicano? Qual era il problema?

F.Z. : Non che c'era un problema, era un momento, come nei successivi quarant'anni, in cui l'Orso Marsicano nel Parco d'Abruzzo era minacciato d'estinzione. E quindi ci fu questo rilancio del Parco d'Abruzzo perché si doveva bloccare la speculazione edilizia scoppiata a fine anni 60 e quindi ci fu questa esigenza, da una parte di salvare il parco e dall'altra di puntare sulla salvaguardia di questo animale, l'Orso Bruno Marsicano che era, ed è rimasto, a rischio di estinzione. E quindi una delle prime iniziative fu proprio quella di fare uno studio scientifico che potesse stabilire esattamente quanti orsi erano rimasti, dove vivevano, di cosa vivevano e quindi quali erano le necessita per potere salvaguardarli e farli aumentare di numero.
Il fenomeno della dispersione degli orsi

D:. Quali furono i risultati negli anni 70?

F.Z. : Nelle mie indagini, ora sono passati 40 anni, stabilii , feci delle stime, naturalmente allora molto empiriche perché non c'erano i mezzi che esistono oggi, (in base all'osservazione, in base ai ritrovamenti di tracce) e stimai una presenza minima di circa 100 orsi nella zona del parco nazionale e dei suoi stretti circondari, quelli che adesso sono il parco nazionale e la sua zona di protezione esterna. E al di fuori di questa zona non c'erano orsi allora, questo fatto è importantissimo. Gli orsi all'epoca vivevano solo in quel territorio. Poi inizio un processo di disgregazione che io segnalai da allora e lo chiamai fenomeno emigratorio dispersivo, nel senso che c'erano delle ragioni per cui l'orso incomincio ad allontanarsi dal parco, sempre di più e cominciarono ad apparire le prime segnalazioni alla Majella, al Gran Sasso, al Monte Sirente e a Matese, verso sud. E allora io stabilii, ovviamente era una mia opinione, non potevo avere prove scientifiche di questo, però avevo una serie di dati, di intuizioni, conoscendo benissimo sia l'animale sia il territorio, secondo me era dovuto proprio al boom del turismo di massa che si era scatenato proprio a partire da quegli anni al Parco d' Abruzzo.

D: Quindi questo fenomeno di dispersione dell'orso dipendeva dal turismo?
L'orso è un animale che ha bisogno di luoghi quieti, dove starsene in pace. E' un grosso animale, con grosse esigenze, e il Parco d'Abruzzo, a di la dell'impressione che possono avere molti, visto dall'esterno appena lo vedono, appena arrivano, è piccolissimo, cioè son piccole zone. Lei passando in macchina nella Valle del Sangro vede una valle e pensa che sia immensa, ma in realtà dall'altra parte c'è un'altra valle, con un'altra strada che convoglia altra gente, quindi in pratica non c'è tutto questo spazio che il turista può avere l'impressione che ci sia, o se non il turista il non esperto di natura, ecco.

D.: Lei ha parlato di una stima di 100 esemplari, secondo lei che margine di errore c'è, che oscillazione poteva esserci?

F.Z. : Guardi, le posso dire solo questo, difficile stabilire il margine di errore, difficile, però quando ci fu la grande strage degli anni '80, i primi anni '80, cioè 10 anni dopo la mia stima, ci fu nel giro di 4 anni, 80, 81, 82 e 83 fino all'85, si stimo la morte o per uccisione o per incidenti di almeno 50 esemplari. Io allora stabilii e lo scrissi anche da qualche parte che probabilmente la mia stima, che tutti ritenevano esagerata, quella dei 100 orsi, probabilmente in realtà era sottostimata, perché altrimenti non si poteva spiegare solo 10 anni dopo la perdita di 50 orsi e nonostante questo di orsi ce n'erano più di 50, ce n'era allora negli anni '80 più di 70, 80 orsi almeno. Questo significava che negli anni '70 gli orsi erano molto di più di 100, anche se questa cifra può sembrare incredibile, ma altrimenti non poteva esserci spiegazione. Non ci poteva essere una mortalita di 50 orsi dopo 10 anni ed avere ancora cosi tanti orsi nella zona.

D.: Allora, quindi rifacendo un attimo i conti, negli anni '70 lei stima 100 esemplari, fra l'80 e l'84 mi ha detto.

F.Z. : Si dall'80 all'85 ci fu la grande strage che è rimasta storicamente registrata, in 5 anni morirono accertati, nel senso che furono trovati resti o segnalazioni certe, mi pare una ventina di orsi, però se si considera che statisticamente, almeno questo e quello che dicono quelli che studiano la statistica, se si trova un esemplare a caso, perché tutti i ritrovamenti furono per caso, questo significa che quanto meno ce ne deve essere un altro non trovato, per cui io stimai almeno 50 orsi morti dall'80 all'85.

D.: E nell'85 gli esemplari erano una settantina.

F.Z. : Si, erano ancora moltissimi. Non era come adesso, adesso si stima una quarantina e invece allora erano molti di piu, quindi minimo erano 70-80. Infatti anche le autorità per anni cercarono di smentire questa perdita di esemplari, continuavano a parlare sempre di 100 orsi comprese le autorità e compreso il WWF, non volevano smentirsi in pratica.

D.: Con "le autorità ", le intende le autorità del Parco?

F.Z. : Del Parco, si, l'Ente Parco. E continuavano a parlare di 100 orsi. Poi cominciarono a scendere e capirono che questi 100 orsi non c'erano più e cominciarono a parlare di 90, di 80, di 70 e siamo scesi fino ad arrivare alla stima attuale in cui si parla di 40 orsi, 40-50 ma la cosa strana qual e? Non sono 40 o 50 nel Parco e zone esterne, ma sono 40-50 nell'Appennino centrale, cioè dispersi dai monti Sibillini a Nord al Matese a sud a tutte le montagne, la Maiella verso est e addirittura alcuni esemplari sono arrivati ai monti Lucrezi fino a Roma. Quindi una dispersione notevole c'è stata.

D.: Lei questa dispersione l'ha definita strana? Quindi non è normale che gli orsi si disperdano?

F.Z. : Strana perché di solito gli animali si disperdono quando una popolazione cresce, non quando diminuisce, invece in questo caso qua c'è stata una dispersione e una diminuzione della popolazione nella zona centrale. Questa è l'anomalia. Infatti le autorità di allora, non certo quelle che stanno governando il parco adesso, tentarono di sostenere che questa dispersione era dovuta alla crescita della popolazione, tentarono, però poi i fatti dimostrarono che non c'era nessuna crescita, anzi c'era una riduzione della popolazione. E quindi significava che questa dispersione era quantomeno anomala. Era dovuta a dei fattori che si continuano a negare ma secondo me i fattori furono prima di tutto il boom turistico, e per turismo intendo il turismo escursionistico, quello che va in montagna e quindi da fastidio all'orso, non certo quello urbanistico. Come ho avuto modo di scrivere, il turismo urbanistico, intendo dire i residence, le case, queste cose qua, hanno fatto danno al paesaggio del parco, però non è che hanno poi inciso in fine dei conti ai danni dell'orso. Il disturbo è avvenuto, purtroppo bisogna dirlo, da gente che ama l'orso, che va in montagna perché lo vuol vedere, lo vuol fotografare, quindi gente che gli vuole bene e che non si rende conto che deve avere il coraggio di cominciare ad accontentarsi di sapere che esiste e di vederlo magari attraverso qualche filmato, fotografia, ma non si può pretendere che tutti vadano in Abruzzo per vedere l'orso.

D.: Ci può raccontare nel corso degli anni quali furono le misure adottate per evitare l'estinzione dell'orso?
Si, semplice, nessuna. E' quella la mia rabbia, la grande rabbia che ho diffuso anche in vari comunicati stampa, perché son passati 40 anni e le autorità non hanno fatto nulla, cioè hanno fatto solo danni e non hanno fatto nulla. Cioe hanno fatto grandi pubblicità, grandi proclami, grandi ricerche, hanno fatto solo grandi studi, ricerche, però vanno bene anche gli studi e le ricerche, sono stato io il primo a fare una ricerca, non è che posso criticare del tutto le ricerche, però non possiamo continuare a ricercare e non prendere provvedimenti. Io già nel '70 indicavo tutta una serie di provvedimenti da prendere, non ne è stato preso nessuno.


Le proposte per salvare l'orso. Il problema delle risorse alimentari


D.: Ci può indicare quali erano questi provvedimenti, cioè cosa era necessario fare negli anni '70?

F.Z.: Quello che andava fatto negli anni '70 era praticamente quello che andrebbe fatto ancora adesso, e le cose son semplicissime. La prima cosa, bisognerebbe creare delle zone, più grandi possibili, da riservare all'orso, da chiudere assolutamente al turismo. O al limite si potrebbero chiudere nelle zone più delicate, non c'è bisogno di chiuderle tutto l'anno. Però ci sono dei momenti in alcune zone in cui bisogna dire, li ci deve andare l'orso e non ci deve andare nessun altro. Tra l'altro io questa proposta non è che la lancio cosi, è stata fatta anche perché ci sono state delle esperienze da altre parti. Le faccio un esempio che è un classico, sia nel parco di Yellowstone che in un'Area Wilderness vicino al parco di Yellowstone, dove avevano un problema simile. A Yellowstone istituirono una serie di Aree Wilderness in cui il turismo era assolutamente vietato o controllato, e quest'altra riserva, che tra l'altro è gestita dai pellerossa, per tre mesi è chiusa assolutamente a tutti, perché sanno che in quel momento dell'anno c'è una concentrazione di orsi che vanno a cercare un insetto particolare e quindi il disturbo sarebbe notevole. Quindi ci devono essere delle zone che sono importanti per l'orso che vanno chiuse. Questo non significa bloccare il turismo nel parco, significa riservare delle zone all'orso bruno, e li non ci deve andare nessuno. Poi bisogna riprendere a coltivare i campi, perché già 40 anni fa c'era un declino dell'agricoltura, ormai non è più un declino, c'è l'abbandono totale. E l'orso era abituato da generazioni e generazioni ad andare a mangiare il granoturco, l'erba medica, il grano, tutto quello che veniva seminato dall'uomo, e bisogna riprendere a seminare questi campi. E se non lo fanno i privati, cosa che non fanno perché hanno abbandonato l'agricoltura, lo deve fare l'Ente Parco, lo deve fare lo Stato. Devono affittare terreni, devono comprare terreni agricoli e seminarli per ricreare questa situazione.

D.:Le faccio una domanda a proposito di questo. Quindi è stato provato che c'è un problema alimentare, cioè che gli orsi soffrono la scarsita di risorse alimentari?

F.Z.: Si, su questo però va precisato un aspetto. Gli attuali ricercatori tendono a dire una cosa che avevo stabilito anch'io negli anni '70, cioè dicono, no, nel Parco d'Abruzzo, l'ambiente naturale è molto ricco di risorse alimentari per l'orso. Ed è verissimo, l'ho scritto anch'io negli anni '70. Il problema qual e? E' che l'orso è abituato a mangiare da generazioni risorse cosiddette artificiali, nel senso i campi di mais o il grano. E perché ? perché se chiede ad un ragazzino qualsiasi se di fronte al gelato o alla pastasciutta cosa preferisce, mangera il gelato. E quindi è chiaro che l'orso, abituato a trovarsi questo cibo buonissimo, che è il mais, abbondante, il grano ed altre risorse, è chiaro che l'orso è ormai abituato a quelle risorse. Non gli si possono togliere immediatamente è pretendere che l'orso non si sbandi. E' chiaro che l'orso si sbanda e va sempre a cercare da altre parti, pur avendo, e io sono stato il primo a scriverlo, grandi quantità di risorse naturali, ma meno appetitose. Se non è costretto va a cercare quello che gli piace di piu. E con l'abbandono dell'agricoltura c'è stato l'abbandono della pastorizia. Cioe la pastorizia ovina è quasi sparita, mentre la presenza delle pecore è indispensabile per l'orso. E' vero, ci sono i cervi, ci sono i caprioli, ci sono i cinghiali, ma l'orso ha difficolta. Come ogni animale predatore punta sempre all'animale più debole, èil punto più debole di una catena alimentare è sempre l'animale domestico, non è mai l'animale selvatico, per cui è vero, mangerà anche il cervo il giorno che riuscirà a prenderlo o perché lo uccidono i lupi e lui mangia i resti, però la facilita di prendere una pecora o altri animali domestici è molto più elevata, e quindi lui cerca queste cose qua, che non ci sono piu. Ecco, sarebbe molto meglio se l'Ente Parco anziché pagare tanti dipendenti inutili pagasse un pastore, uno, due, tre, dieci pastori assunti, a limite, o comunque stipendiati, facendo comprare addirittura le pecore dallo Stato, che le lascia pascolare, lasciando che l'orso le possa predare liberamente. O comunque bisogna pagare i danni in maniera veramente integrale, ma non so come definirlo questo termine.

Gli indennizzi ai pastori


D. : I danni: ci spieghi questo problema degli indennizzi agli allevatori e coltivatori perché magari non tutti conoscono il problema.
F.Z.: Guardi, adesso la pastorizia ovina è quasi estinta, è subentrato l'allevamento bovino, perché i bovini hanno meno esigenze della pecora, quindi li lasciano liberi, e questo ha una sua utilità anche per l'orso, ma molto meno che la pecora. Ad ogni modo questo non si può impedire, cioè si potrebbe impedire, l'Ente Parco affitta tutti i terreni e lo impedisce a quel punto. Però finche i comuni hanno il diritto di far pascolare questi animali, i danni che subiscono gli allevatori vanno pagati, ma il 100% è poco, nel senso che se un vitello vale cento, bisogna pagato 120, perché il pastore comunque ha dei danni indiretti. perché fino a quando noi avremo dei pastori arrabbiati che subiscono dei danni, questi danni non gli vengono pagati, perché magari c'è la scusa che magari non l'ha ucciso l'orso ma l'ha ucciso un cane, non importa, va comunque pagato perché il pastore avrà sempre il coltello dalla parte del manico, non potremo mai mettere dietro il pastore una guardia 24 ore su 24 che controlla. Quindi pastore arrabbiato significa orso morto, quindi i pastori quando subiscono dei danni vanno indennizzati sempre e comunque, anche se questi danni fossero fittizi, perché comunque va visto come un incentivo al mantenimento della pastorizia che comunque è utile per gli animali selvatici, per il lupo, per l'orso e per tutta la fauna.

D. : Ma attualmente qual è la normativa per gli indennizzi invece?

F.Z.: Ma la normativa c'è, ma siamo sempre li. La normativa dice che bisogna pagare i danni se è veramente dimostrato che è il lupo o l'orso. Arrivano le guardie, il veterinario e dicono, mah secondo me non è lupo, è cane e non pagano, e il pastore si arrabbia, perché poi a volte succede che sbagliano anche le guardie, e il pastore si arrabbia e poi succede quello che è successo negli anni passati e che abbiamo visto, che mettono il veleno , e li uccidono. Quindi bisogna evitare di fare dei sofismi e quando ci sono dei danni bisogna pagare il più rapidamente possibile, e pagare bene, se vale 100 bisogna pagarli almeno 100, ma anche di piu, perché il pastore che perde un animale lo deve comunque andare a ricomprare, quindi ha delle altre spese, oppure è una femmina che poteva partorire e quindi ha perso anche il vitello o l'agnello o quello che e. Tutte cose che vanno previste, cioè i pastori devono diventare degli amici dell'orso, non dei nemici. Ci restano male quando subiscono dei danni, però se sanno che questi danni gli vengono pagati e pagati bene finisce la rabbia contro questi animali, perché fino a quando manterremo la rabbia di questa gente contro questo animale, noi non lo salveremo piu. perché lo stato per quante persone voglia mettere, no può controllare i movimenti di una persona che magari di notte vuole mettere delle trappole, dei veleni. Quindi bisogna evitare che queste persone siano spinte a fare questi atti di rivalsa.

D. : Secondo lei qual è il rapporto tra la popolazione del parco nazionale d'Abruzzo e l'orso e con le limitazioni che impone una convivenza con questo animale?
F.Z.: Lei intende gli abitanti locali?

D. : Si

F.Z.: Ma guardi, agli abitanti locali mi tolgo tanto di cappello perché se c'è gente che ha sempre amato l'orso sono gli Abruzzesi, e l'ho anche scritto in passato, se gli Abruzzesi avessero voluto sterminare l'orso non sarebbe mai arrivato a noi, sarebbe già sparito 100 o 200 anni fa. E hanno un particolare affetto verso questo animale che è anche dimostrato, e penso sia l'unico caso, dove l'orso in Europa ha diversi nomignoli, che nascono da una simpatia, perché altrimenti non si spiega perché a Pescasseroli gli danno un nomignolo, a Villavallelonga gliene danno un altro, ma nomignoli vezzeggiativi verso questo animale. E quindi allora è chiaro che l'orso quando faceva dei danni dava fastidio perché faceva dei danni, però non l'hanno mai odiato, hanno sempre avuto una certa simpatia verso questo animale. E questo fatto qua non solo si distingue dalle Alpi, ma dai Pirenei, dalla Spagna, da tante altre zone dove c'è l'orso. Comunque è una risorsa turistica, io questo non lo nego, non è che dico, blocchiamo il turismo, no. Dobbiamo bloccare il turismo escursionistico dove fa danno all'orso, ma l'orso è un grandissimo, anzi forse l'unico richiamo per il turismo, quindi quello va mantenuto. Bisogna gestire questa attivita, questo flusso turistico che viene per l'orso, mantenere l'orso, perché se l'Abruzzo, se il Parco Nazionale d'Abruzzo dovesse perdere l'orso, perderebbe la cosa principale che ha per attirare il turismo verso questi paesi montani.

D. : Al di la della motivazione turistica, secondo lei perché è importante protegger l'orso dall'estinzione?

F.Z.: Guardi, è importante proteggere l'orso dall'estinzione come è importante proteggere qualsiasi specie animale. Non c'è ragione per cui l'uomo per vivere su questa terra debba far sparire delle specie animali, potrebbe benissimo vivere alimentandosi anche di questi animali senza farli sparire. E' un problema scientifico, culturale, anche spirituale per chi lo ama. Per me la soddisfazione di vedere un orso, di sapere, sono felice all'idea che esista, ecco per dire. Sono motivazioni che trascendono tutta una serie di sfaccettature e di aspetti. Fondamentalmente è l'aspetto culturale e scientifico, cioè che è una specie che esiste su questa terra da sempre e che non c'è ragione di farla sparire.

La frammentazione del territorio e le Aree Wilderness


D. : Lei ci ha indicato delle iniziative che andrebbero attuate con urgenza, ma secondo lei quali sono i problemi pratici?
F.Z.: Un'altra cosa importante per la quale io recentemente ho fatto delle critiche alle autorità e la cosiddetta perdita di territorio, gli stessi studiosi l'hanno definita la frammentazione del territorio. Cioe non c'è comune che non abbia progetti per il fotovoltaico e per l'eolico. Ora non si può salvare l'orso e poi pretendere nella stessa area dell'orso di realizzare questi progetti: quindi nella zona dell'orso questi progetti andrebbero proibiti, questo è il principio. Poi è chiaro che ci sono altre iniziative che possono essere prese, ma si tratta di valutare tante cose.
D. : Per aree del parco intende anche quelle limitrofe?
F.Z.: Si il parco e tutta la zona esterna . Diciamo che nei sogni dell'Ente Parco ci sarebbe quello di ingrandirsi, però secondo me, ingrandire il parco significa scatenare una serie di polemiche con le popolazioni locali. Noi proponiamo ad esempio le Aree Wilderness che sono delle aree tutelate dai comuni. Tutelate molto seriamente checché se ne dica, e restano aperte all'uso delle risorse e quindi i comuni le accettano. Può sembrare assurdo, ma noi come associazione Wilderness riuscimmo a far deliberare ai comuni un vincolo sulle loro montagne, cosa che non riesce a fare l'Ente Parco.
D. : Mi spiega qual è la differenza, perché lei dice: "Riusciamo a creare delle zone di tutela , ma senza vincolare l'uso delle risorse". Che differenza c'è con l'eventuale ampliamento del parco?
F.Z.: Guardi, c'è solo un'unica differenza, in realtà intendiamoci anche nel parco si usano le risorse, non si dice, ma si usano anche nel parco. L'unica differenza è che nel parco non si caccia mentre in queste aree in certe zone una caccia controllata si può continuare a mantenere. I comuni che hanno deliberato queste Aree Wilderness, sono già cinque almeno sul versante laziale, adesso ce ne è anche uno sul versante abruzzese anche se è appena fuori dal parco si impegnano a non fare più nessuna opera di urbanizzazione in questi territori e però viene consentito comunque il pascolo, per quanto riguarda il taglio dei boschi chiediamo che nelle zone più selvagge più scoscese rinuncino al taglio dei boschi e lo facciano senza avere nulla in cambio oltretutto ed è un tipo di vincolo che è il comune stesso a mettersi. Con una delibera comunale si vincola, formalmente, è un atto formale, non è semplicemente un impegno cosi a chiacchiere. Questo tipo di scelta viene accettata. Mentre non viene accettato il vincolo che gli arriva dall'alto, dallo Stato o dalla Regione, che poi loro non posson più gestire e non possono più controllare, vengono comuque soggetti a tutta una serie di altre vessazioni gli abitanti locali. Poi noi ci proponiamo di inserire in queste aree solo le parti veramente naturali e selvagge, mentre lasciamo fuori tutte le parti agricole e urbanizzate che non ha senso mettere in un' area protetta. E questo viene accettato dai comuni, mentre l'ampliamento di un parco non viene visto di buon occhio, nonostante la promessa dei contributi che poi non arrivano mai
D. : La creazione di un'area o di alcune Aree Wilderness ai confini del parco potrebbero essere utili perché l'orso trovi più spazio per vivere?
F.Z.: Certo. Poi c'è un atro aspetto: che la definizione di Area Wilderness già presuppone anche un controllo sul turismo perché nello spirito di queste aree come si sono create in America e si stanno diffondendo un po' in tutto il mondo c'è proprio quello del mantenimento dello stato di solitudine dei luogh.i E quindi si presuppone che un'area Wilderness nel momento in cui deve essere gestita bene non può accettare un turismo di massa E quindi anche questo può essere un motivo in più per dire "quella zona li è molto selvaggia, è Wilderness, appunto perché è Wilderness secondo il criterio internazionale: chiudiamo al turismo o perlomeno consentiamo solo un turismo molto limitato che non faccia danno all'orso. Poi si può chiamare anche diversamente: l'importante è che vengano fatto delle grandi aree di oasi da riservare all'orso in modo che non venga disturbato. Mentre adesso è un fuggi fuggi da una valle all'altra perché l'orso va in una valle e viene disturbato, svalica trova e trova i turisti, e svalica ancora. Ed ecco perché è avvenuta la dispersione. E quello che è assurdo, che io continuo a dire, è assurdo, è che le autorità continuano a proporre tre soluzioni che sono tutte e tre inutili: uno, continuare a fare le ricerche, quando è ora di smetterla con queste ricerche, ormai si sa tutto dell'orso, quindi non ha senso e alla fine diventa anche un disturbo, due ampliare il parco che poi di fatto l'orso lo ammazzano comunque nel parco, muore comunque nel parco, nel parco ce ne sono sempre di meno e quindi non si capisce che senso abbia allrgare il parco, quando allargare il parco significa irritare le poplazioni locali e prendersela con la caccia, quando in realtà è storicamente di mostrato che sono decine di anni che non c'è un orso volutamente ucciso dai cacciatori. Il cosiddetto bracconiere in realtà e il pastore arrabbiato che per vendetta mette il veleno o mette la trappola. Oppure ci sono stati dei casi di bracconaggio vero di cacciatori, che mettevano i lacci per i cinghiali e nei lacci dei cinghiali ci restava l'orso, ma questo non verrebbe comuqnue impedito allargando il parco perché quello è bracconaggio, non guarda se è parco o non è parco.
D. : In un'area Wilderness una cosa del genere non accadrebbe?
F.Z.: Non è che non accadrebbe, accadrebbe di meno perché prima di tutto non ce la rabbia della popolazione locale che si vede chiusa la caccia, quindi rischiamo di trasformare in bracconieri gente che non lo è mai stata solo per vendetta e per rivalsa, cioè rabbia perché gli hanno chiuso il territorio. Cioe non si può pretendere di salvare l'orso facendo proclami, dicendo l'orso è a rischio di estinzione, bisogna fare qualcosa, proponendo soluzioni che sono leggi, tipo il divieto di caccia o ampliare il parco che sono leggi, ma poi dopo la legge va rispettata, non è quella la soluzione. Bisogna cominciare ad operare concretamente e si opera concretamente coltivando i terreni, incentivando l'agricoltura, pagando i danni seriamente. E se non lo fanno i privati lo deve fare lo Stato, lo deve fare l'Ente Parco altrimenti l'orso non lo salviamo. E speriamo solo di arrivare in tempo perché ormai siamo ai limiti, è un momento veramente critico, lo dicono anche agli studiosi e loro sanno più di me in questo campo, nel campo della biologia, se perdiamo ancora qualche femmina arriviamo veramente all'estinzione totale di questo animale. E guardi che gli Abruzzesi ci tengono, non è che qualcuno potrebbe dire, rimettiamo gli orsi, come hanno fatto nelle Alpi, certo diventa una soluzione, avremmo comunque l'orso, ma non sara più l'orso abruzzese e la popolazione abruzzese, come le dicevo prima, ci tiene ad avere l'Orso Marsicano. Anche perché si sta discutendo, si sta studiando per capire se sia una sottospecie, io non so se sia una sottospecie, ma sicuramente l'Orso Marsicano ha un comportamento diverso dagli altri orsi europei, è molto meno cattivo, molto più mite, e molto più buono. E' un animale a se stante poi se sia sottospecie o meno questa lo stabilirà la scienza. Però la diversità c'è e questa diversità va preservata non possiamo semplicemente dire, di orsi ce n'e di meno, ne portiamo altri da fuori, con tutti i problemi che poi si creerebbero perché lo vediamo nelle Alpi dove li hanno reintrodotti e si stanno creando una serie di problematiche che non finiranno mai ecco.



Intervista a cura di Federica Di Leonardo


Articolo tratto da gaianews.it