Intervista a Nicola Cimini, direttore del Parco Nazionale della Majella
tratto da gaianews.it

L'Osservatorio sull'Orso Marsicano prosegue con un'intervista al direttore del Parco della Majella dottor Nicola Cimini. Il Parco della Majella ospita una piccola popolazione di Orsi che si sposta frequentemente fra quelle zone e quelle limitrofe del Parco Nazionale d'Abruzzo.
Nicola Cimini ha inoltre lavorato sin da giovane presso il Parco Nazionale d'Abruzzo. Ci ha raccontato quindi degli "anni epici", cosi li definisce lui stesso, del Parco Nazionale.
Il Direttore ci ha inoltre descritto le azioni per la conservazione dell'Orso nel Parco, i problemi piu evidenti ancora da risolvere, e ha parlato del problema delle esche olfattive e dell'alimentazione degli orsi, questioni che recentemente sono venute alla ribalta anche su quotidiani nazionali.
Intervista realizzata il 28 luglio 2011

La storia nel Parco Nazionale d'Abruzzo

Domanda : Dottor Cimini quando e in che occasioni ha potuto occuparsi dell'Orso Marsicano?
Nicola Cimini : In maniera diretta e specifica da quando sono diventato direttore di un parco nazionale perché allora sono stato investito in prima persona dei poteri per fare delle ricerche, ma soprattutto per fare delle azioni dirette.
Però in maniera indiretta me ne sono occupato da sempre perché innanzitutto sono nato nel cuore di quello che ho chiamato a suo tempo il "Paese dell'Orso". Intendendo con il termine "Paese" il territorio, il cuore del Parco Nazionale d'Abruzzo: sono nato ad Opi e quindi fin da bambino ho respirato l'aria di quelle terre e quindi lo stesso respiro dell'Orso. Ma sin dalla gioventù ho cominciato ad occuparmene praticamente perché già dai 18 anni ho cominciato a lavorare con il Parco Nazionale d'Abruzzo sulle tematiche di promozione delle aree protette, di sensibilizzazione alle tematiche della conservazione a partire da quello che era l'animale simbolo di quel Parco cioe l'Orso Bruno Marsicano.
Poi come responsabile del Settore Urbanistico e Territoriale del Parco mi sono dovuto necessariamente occupare delle tematiche di conservazione e quantomeno di controllo dei fenomeni di antropizzazione del territorio che, come noto, sono alla base delle eventuali sofferenze della popolazione dell'Orso. Quindi il contenimento dell'espansione dei centri urbani, ma soprattutto del controllo del fenomeno turistico che proprio a partire dagli anni 60, in quello che era il cuore delle terre dell'Orso, cioè Pescasseroli in particolare, ha visto il boom dell'edilizia residenziale con danni anche in aree molto critiche per la specie. Sia Pescasseroli, ma anche la limitrofa Lecce dei Marsi - Cicerana e anche nell'anfiteatro della Camosciara, nel comune di Civitella Alfedena.
Quelli sono stati gli anni epici per il Parco d'Abruzzo perché non esistevano poteri di controllo di questi fenomeni urbanistici e quindi abbiamo dovuto formare una vera e propria giurisprudenza facendo delle denunce puntuali alla magistratura e facendo pian piano affermare una serie di principi e alla fine diciamo che quella speculazione è stata abbattuta. In quel parco abbiamo realizzato addirittura il primo esempio concreto di abbattimento di un insediamento residenziale, quello piu pericoloso in localita Cicerana e, cosa che riempie ancora più di soddisfazione, quell'abbattimento fu finanziato dalla regione Abruzzo che invece molti anni prima aveva in maniera diretta e indiretta favorito insediamenti di quella natura.
Successivamente lasciato il Parco d'Abruzzo sono andato al Ministero dell'Ambiente e li ho concretamente perimetrato tutti i nuovi parchi nazionali in particolare quelli del Centro Italia ( Majella, Gran Sasso-Laga e Sibillini) che fanno parte dell'attuale areale dell'Orso Bruno Marsicano. Quindi me ne sono occupato per tanti anni fino a quando nel 97 sono stato nominato Direttore del Parco Nazionale della Majella e lì ho potuto affrontare in maniera diretta tutte le problematiche afferenti la conservazione della specie e fare le cose concrete. Questo è in sintesi il tempo che ho dedicato all'Orso Marsicano fino ad oggi.

La popolazione di orsi nel Parco della Majella

D : L'Orso Marsicano è presente nel Parco della Majella?

N.C. : L'Orso Marsicano nel Parco della Majella è stato sempre storicamente presente ed e presente tutt'ora. Non esistono, però, e questo credo che vada precisato, popolazione di orso per parco nazionale. L'Orso è un'unica popolazione che è disposta su un areale estremamente vasto: un areale di circa 1550 chilometri quadrati. Tenga presente che le ricerche fino ad oggi non hanno esplorato che un decimo di questo areale e questo può essere indicativo dell'attendibilità concreta, soprattutto in riferimento al numero degli esemplari che oggi si stimano, perché queste ricerche sono limitate, necessariamente e per tutta una serie di considerazioni, a un areale molto più piccolo rispetto a quello occupato dall'Orso. Nel Parco Nazionale della Majella gli avvistamenti ritenuti attendibili ai fini della qualificazione dell'area come Sito di Interesse Comunitario proprio per la presenza dell'Orso sono state 250, fra quelle dichiarate attendibili. Abbiamo avuto anche l'unico caso di orso morto nel Parco Nazionale della Majella nel 1999, causa bracconaggio diretto al cinghiale e non all'Orso, però purtroppo l'orso è finito nel laccio del cinghiale ed è stato trovato morto tempo dopo. Sicuramente la Majella è un elemento di cerniera con il Parco Nazionale d'Abruzzo attraverso l'area di protezione esterna di quel parco, la riserva del Genzana e la Majella, quindi gli spostamenti fra l'orso del Parco d'Abruzzo e le popolazioni della Majella sono molto frequenti, quindi c'è uno scambio continuo. Come stime di questa presenza, sia stanziale che sporadica sulla Majella si stimano fra gli 8 e i 10 individui. Sicuramente oggi noi abbiamo alcune presenze stabili che stiamo monitorando con attenzione.

D : In che arco temporale sono stati registrati i 250 avvistamenti?

N.C. : Sono nell'arco temporali di 10 anni, quelli attendibili. Sono molti di più, però noi sia in passato che oggi, siamo molto scrupolosi. Nel senso che quando riceviamo queste segnalazioni, poi vanno i nostri tecnici, rilevano i segni della presenza, fanno delle analisi accurate, sentono "come in un interrogatorio" le persone che fanno queste segnalazioni e poi si arriva a stabilire se la presenza può essere attendibile o meno. Quindi le 250 sono sicuramente attendibili.

La bonifica del territorio, la campagna alimentare, la chiusura delle strade

D: : In che cosa consistono le strategie di conservazione del Parco per l'Orso Marsicano?

N.C. : Le strategie di conservazione del Parco per l'Orso Marsicano partono dall'esigenza della specie. Noi tempo fa abbiamo scritto che l'Orso in fondo ha bisogno di poche cose: quelle che servono ad ogni essere vivente per vivere bene. Io gliele riassumo in breve. Innanzitutto di essere amato o quantomeno rispettato perché se c'è l'odio nei confronti di questa popolazione ogni azione per la conservazione di questa popolazione risulta complessa. Di avere con un termine non più tecnico-scientifico, un "ecosistema" idoneo alle esigenze fondamentali della specie. E terzo il cibo: tutti gli spostamenti fondamentali dell'orso sono dovuti in buona parte alla ricerca di cibo. Quindi su queste tre condizioni basilari il Parco della Majella ha fatto una serie di piani specifici, ma soprattutto nell'ambito del proprio Piano del Parco che e stato approvato nel 2009 in via definitiva con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ha elencato in dettaglio quali sono le azioni specifiche per l'Orso Marsicano. Ma insieme all'Orso c'è tantissima altra fauna anche rara e pregiata a partire dal Lupo appenninico. Quindi le azioni in genere, alcune sono nettamente mirate: riqualificare sotto il punto di vista alimentare sulla base delle esigenze specifiche dell'Orso alcune aree. E un'altra e di riqualificare l'ecosistema nel suo insieme con un'ampia azione di bonifica. Questi in fondo sono stati, fino all'istituzione dei parchi, dei territori densamente antropizzati. Noi, sul Morrone in particolare, abbiamo eliminato completamente tonnellate e tonnellate di filo spinato perché sono zone che sono state rimboschite in passato e i rimboschimenti venivano delimitati dal pascolo con filo spinato e questo filo spinato è rimasto poi per decenni abbandonato e costituiva un pericolo sia per la popolazione di Orso che per l'altra fauna Di queste azioni ne abbiamo fatte moltissime: possiamo parlare quindi di una riqualificazione ecosistemica ad ampio raggio. La bonifica ad esempio di tutti i detrattori ambientali, le discariche. Oggi all'interno del Parco non ci sono discariche attive. Quelle preesistenti sono state tutte bonificate con finanziamenti del Parco. Abbiamo bonificato interi bacini imbriferi proprio per il concetto che soltanto quando c'è un ambiente completamente idoneo alle esigenze delle varie specie lì ci può essere una condizione di vita decente. Quindi queste sono le azioni fondamentali. L'ultima che le dico, ma la prima forse in ordine di importanza proprio perché si tratta di territori densamente antropizzati in buona parte sono percorsi da strade. Non parlo naturalmente delle statali e delle provinciali delle quali pure il Parco della Majella ha provveduto ad abbatterne qualcuna. Le faccio questo esempio: la famosa statale del Block House su cui si sono condotte tante battaglie epiche per il Giro d'Italia con l'arrivo sulla cima del Block House da 7-8 anni è stata smantellata per il tratto più invasivo, quello che raggiungeva la cima del Block House ed è stata ridotta ad un sentiero pedonale riconquistando all'habitat naturale delle varie specie, in primis il Camoscio, ma anche l'Orso perché è un corridoio di attraversamento tra un versante e l'altro del Parco Nazionale della Majella un ambiente integro, e protetto non tanto dall'uomo che ci arriva a piedi, ma soprattutto dalla presenza di mezzi motorizzati e quindi da un disturbo fortemente invasivo. Quindi l'azione fondamentale nei confronti dell'Orso è quella di procedere alla chiusura di tutte le strade cosiddette forestali. Purtroppo realizzate proprio in passato con finanziamenti pubblici e spesso da coloro che tutto sommato dovevano attendere alla tutela di questa e di altre specie. Io qui senza peli sulla lingua le dico che tante di queste strade sono state costruite all'interno delle Riserve addirittura dello Stato realizzate proprio dal Corpo Forestale dello Staro che agiva allora nella veste di gestore delle ex Riserve Naturali dello Stato. Questo spesso con forti conflitti. Ricordo ad esempio nel Parco Nazionale d'Abruzzo la strada in Val Ciavolara, Val Rapino all'interno della Riserva Naturale dello Stato. Videro il Parco opporsi, la strada fu poi bloccata, ma fu realizzata ed è ancora lì presente in buona parte proprio in quella che era una delle zone in cui l'Orso si poteva avvistare con una certa facilità. Quindi la chiusura del strade forestali è una delle azioni basilari che va fatta per la tutela di questo animale.

D: : Può Spiegarci meglio la questione dell'alimentazione perché è stato affermato in altre interviste che abbiamo realizzato che l'Orso quando viene catturato per i controlli che vengono fatti normalmente non ha mai presentato problemi di alimentazione, nel senso che era ben alimentato e stava bene. Quindi mi chiedevo se poteva specificarci meglio quali sono le iniziative che fate e per quali motivo.

N.C. : Io non ho dubbi che alla fine il cibo se lo procuri ma quello che intendo dire è che, se vogliamo, e credo che su questo siamo tutti d'accordo, garantire un areale sempre più vasto a questo animale.. perché una delle cose che per esempio a livello europeo viene ritenuta fortemente critica è la presenza di un numero elevato di esemplari per ettaro di superficie. Perché i dati che abbiamo sulle altre popolazioni di Orso sono notevolmente diversi. Qui parliamo di Orsi che hanno un areale tutto sommato piccolo rispetto alle esigenze di conservazione dell'Orso. Non parlo tanto rispetto al numero attuale che viene ritenuto critico. Ma se vogliamo garantire all'Orso di avere una popolazione di 100 - 150 individui naturalmente dobbiamo pensare ad un areale notevolmente più vasto. E quindi questo significa agire su quei territori che oggi sono abbastanza degradati per ricostruire le condizioni che erano presenti in questi territori fino a 100 150 anni fa. Io direi forse fino al dopoguerra ed impedire all'orso di sottoporsi a spostamenti lunghi e faticosi. Questo perché non credo che oggi noi riusciremo ad imporre misure di conservazione fortemente protettive in un areale enormemente vasto. Perché qui noi parliamo di zone di protezione esterna che arrivano fin quasi ai centri abitati e in zone fortemente antropizzate. Lì al di la del controllo della caccia difficilmente riusciremo a mettere in essere relazione normative di altra natura. Quindi restituire ai territori di altri parchi a partire anche dal Parco d'Abruzzo dove comunque l'abbandono dell'agricoltura a partire dagli anni 60 ha tolto all'Orso Marsicano buona parte di quelle risorse alimentari che aveva prima. Basti pensare al crollo della pastorizia e alla scomparsa completa dell'agricoltura. Quindi è vero che con una popolazione ridotta nel numero l' Orso oggi riesce a mangiare lo stesso, ma per far questo è costretto a spostarsi in areee dove nell'80-90 per cento dei casi va anche a morire. Se noi analizziamo tutte le cause di morte nelle aree negli ultimi anni vediamo che l'Orso muore in buona parte in quelle che sono le propaggini immediate della Piana del Fucino, cioè nelle aree di Collelongo, Trasacco che sono fortemente agricole, oppure nella parte di Campoli Appennino, cioè in aree fortemente agricole. Quindi riuscire, questi tra l'altro sono alcuni degli interventi che il Parco D'Abruzzo ha fatto intorno agli anni 80-90, cioè le cosiddette campagne alimentari all'interno dell'area protetta per impedire questi spostamenti al di fuori dell'area protette e quindi per diminuire le probabilita di morte accidentale. Nel 90 per cento dei casi non ci sono mai abbattimenti deliberati e mirati dell'orso, ma sempre accidentali dovuti all'esercizio della caccia. Quando si va nel bosco e si vede un'ombra si spara pensando che è il cinghiale e invece poi magari e l'orso. È vero che oggi gli animali studiati non hanno problemi di carattere alimentare, ma è anche vero che devono percorrere superfici a rischio per poter alimentarsi.

D: : Mi ha detto che gli individui presenti nel parco sono 8-10. Avete notizie di riproduzioni all'interno del vostro parco?

N.C. : Io ho parlato di uno, forse due nuclei stabili: per stabili non intendo che non si spostano dal parco, ma che svernano e riproducono nel Parco della Majella. Ci sono anche se non le dico dove...


PATOM

D : Il Parco ha firmato il PATOM (Piano d'Azione per la Tutela dell'Orso Marsicano). L'adesione a questo piano ha modificato la politica di conservazione del parco in qualche modo e/o ha portato risultati per la conservazione?

N.C.: No guardi non ha modificato in alcun modo la politica del Parco per la conservazione perché la politica di conservazione del Parco e quella propria dell'Orso e quindi anche del Patom. Il Patom tutto sommato altro non è che un tentativo di coordinamento dei vari soggetti che a vario titolo si occupano dell'Orso. Siccome si è parlato tantissime volte della unicità della popolazione dell'orso è evidente che per garantire delle azioni concrete ed efficaci non basta che queste le faccia il parco della Majella in maniera scoordinata all'interno del proprio territorio perché se non si fa sul resto non serve assolutamente a nulla. Quindi si e sempre avuta la necessita che ci fosse un soggetto coordinatore di tutta una serie di interventi sull'Orso. Prima del Patom questo incarico era stato dato per due tre anni proprio al Parco Nazionale della Majella che ha tentato di porre in essere una serie di azioni coordinando tutti i soggetti. Devo dire che è stato, non ho difficoltà a dirlo adesso, un mezzo fallimento perché è estremamente complesso riuscire a coordinare interventi su un areale cosi vasto con una molteplicita di soggetti di cui ognuno vorrebbe ricoprire il ruolo di primo attore. Quindi di risultati concreti non credo ne abbia ottenuto il Parco della Majella in quel caso, sicuramente non li ha ottenuto il PATOM dopo perché per quello che risulta a me è stato fatto poco o nulla. Anche il PATOM per come la penso io è stato un fallimento. Detto questo però devo anche aggiungere che io credo che la responsabilitaà principale sulla popolazione di Orso, in positivo e in negativo quindi non sto parlando in senso critico, l'abbia quel parco dove comunque è presente il nucleo portante e maggiore della popolazione. Cioè il Parco Nazionale d'Abruzzo. Quindi credo che il ruolo fondamentale non possa essere affidato a soggetti terzi, ma debba necessariamente ricoprirlo quel parco che deve coordinarsi con i parchi limitrofi e circostanti su tutto l'areale per avere un ruolo più incisivo ed efficace. È possibile questo con l'ordinamento giuridico attuale? Forse no. È per questo che ci dovrebbe essere un piano nazionale del Mistero dell'Ambiente proprio sull'Orso Bruno Marsicano e all'interno deve esserci un unico soggetto dotato però di poteri veri e non soltanto di un'azione di sensibilizzazione lasciata poi alla buona volonta dei singoli, per poter fare una serie di interventi diretti o richiamare anche con una forza coercitiva i soggetti che devono fare alcune azioni a farle effettivamente. Io credo che se non si adottano strategie di questo genere il PATOM o altre forme simili saranno sempre destinate al fallimento.

D : Quindi in realtà al di la del protagonismo di diversi soggetti c'è una scarsa disponibilita ad attuare le procedure che sarebbero previste da questo patto.

N.C : Diciamo che tutto questo è calato anche in un momento di difficoltà. Diciamo che il tutto va anche contestualizzato nel particolare momento storico. Mentre è nato il PATOM è nata anche la crisi profonda del Parco Nazionale d'Abruzzo che diciamo dal 2000 al 2006-2007 ha vissuto un periodo in cui di tutto si doveva e si poteva occupare meno che delle problematiche fondamentali di conservazione. Perché: direttore estromesso, direttori pro tempore e facenti le veci.

D : Il direttore estromesso era Franco Tassi?

N.C .: Si, a mente mi sembra di ricordare che intorno al 2001 Franco Tassi sia stato estromesso e poi nominato un direttore facente funzioni mai riconosciuto dal Ministero dell'Ambiente. Comunque, bufere amministrative e giudiziarie su quel Parco sommerso dai debiti, quindi a tutto si poteva pensare in quella situazione meno che a fare delle strategie di ampio respiro per l'Orso Bruno Marsicano. Nello stesso periodo anche gli altri parchi sono entrati in un periodo di recessione economica per la crisi nazionale con sempre più scarsità di risorse. In molti parchi è anche mancata la cultura della conservazione non solo di questa specie, ma anche in senso lato perché si è pensato di più a promuovere i parchi. Io sono convinto che se andiamo a fare un'analisi dei bilanci consuntivi di buona parte dei parchi nazionali in Italia oggi noi vedremo che si è speso molto di più per fiere o convegni o per gemellaggi all'estero che per azioni concrete a favore delle specie animali e vegetali motivo stesso della diffusione di quei parchi. Questo è un vulnus che si portano soprattutto i parchi di seconda generazione, quindi il tutto va contestualizzato. Non ci sono nemmeno tanto colpe dei singoli, ma ci sono anche colpe collettive, di cui tutti quanti dovremmo farci carico e che dovrebbero servirci di esempio per il futuro, per impostare un sistema nazionale di aree protette soprattutto nella forma dello strumento della gestione più consono a quelle che sono le finalità fondamentali per cui i parchi vengono istituiti.

D : Nel PATOM si sancisce l'importanza dei corridoi ecologici, luoghi che l'Orso utilizza per muoversi da una zona protetta all'altra. Recentemente è stato approvata la costruzione di un impianto fotovoltaico sui Monti Pizzi, a pochi chilometri dal confine del parco e in zona di passaggio dell'Orso. Qual è la posizione ufficiale del Parco in proposito?

N.C .: Sull'impianto fotovoltaico dei Monti Pizzi ne sono probabilmente quanto ne sa lei nel senso che ho letto due, tre articoli di stampa e mi sono un po' anche documentato, ma al di là di un paio di foto non ho dati certi e concreti per esprimere un giudizio. Di sicuro posso dire che se è vero che si tratta di un impianto fotovoltaico di 20 ettari non è sicuramente questo il modo migliore per promuovere il fotovoltaico. Io sono uno dei fautori del fotovoltaico perché essendo contrario alle centrali nucleari essendo anche fortemente critico nei confronti delle centrali idroelettriche e poiché nessuno di noi è disposto oggi a fare meno dell'energia ed essendo comunque l'attuale forma di produzione dell'energia altamente inquinante ed uno dei responsabili diciamo principali dello stato complessivo di degenerazione di tutto il pianeta Terra credo che dobbiamo fare qualcosa per invertire questa tendenza. Per cui le uniche forme attualmente oggi accettabili sono proprio l'eolico e il fotovoltaico. Questo innanzitutto. Detto questo in via di principio però esistono forme e forme. Non possiamo mai accettare il fatto che essendo il fotovoltaico un'energiargia pulita, poi dopo si lasci campo libero alle società e ai titolari dei terreni. Il tutto va calibrato e pianificato. E sicuramente in quelle che sono le aree di connessione, non è che non si possono fare gli impianti di fotovoltaico, ma sicuramente non in quelle dimensioni, anche per motivi di carattere paesaggistico. Non è pensabile di vedere ettari ed ettari di pianura invasi da questa superficie. Quindi credo che su questo vada fatta un'ampia riflessione. Noi sicuramente per questo caso specifico ci stiamo attrezzando per saperne un po' di più. Se ci accorgiamo che comunque al di là del fatto che non è dentro il Parco perché altrimenti saremmo già investiti del problema, ma anche se ai margini se questo insediamento potrà avere delle ripercussioni negative anche all'interno del territorio del Parco Nazionale della Majella o delle specie presenti all'interno del Parco della Majella, sicuramente faremo delle azioni perché anche la valutazione di impatto ambientale va fatta su un areale abbastanza vasto. E quindi non può essere fatto soltanto con riferimento al fatto che è fuori parco. Fuori parco si, ma se gli effetti poi si riproducono anche all'interno dell'area protetta bisogna far riferimento anche all'area protetta.

D : Quindi siete ancora in tempo per avviare tutte queste procedure. Perché dagli articoli sembrava che i lavori stessero per partire.

N.C .: Guardi per quanto risulta a me ad oggi non mi risulta che stiano partendo i lavori.

D : Che però ci siano già tutte le autorizzazioni, questo si.

N.C .: Guardi e già successo in passato che si pensava di avere tutte le autorizzazioni e poi si è scoperto che ne mancavano quasi il 90 per cento. Quindi io non mi meraviglierei qui se uno pensa che avuta una valutazione di impatto regionale, e l'assenso del Comune di Letto Palena si sia fatto tutto. Io non credo questo.

D : Perché ne caso di quella zona ci sarebbe bisogno dei una valutazione di incidenza, perché e vicina al parco?

N.C .: Sicuramente ci vuole la valutazione di incidenza. Ma io dico di più. Se è un impianto di 20 ettari all' interno di una zona protetta non basta la valutazione di incidenza. Lì occorre una valutazione di impatto seria con riferimento ai valori naturali. E quindi il coinvolgimento più ampio di tutta una serie di soggetti proprio perché se è un corridoio di transito gli effetti negativi si possono ripercuotere anche all'interno. Le faccio solo un esempio: se per la gestione di quest'area dovesse verificarsi un aumento di traffico che passerebbe anche necessariamente all'interno del Parco della Majella ci sarebbe un deterioramento della condizione anche all'interno del parco. La valutazione di impatto deve prendere in considerazione tutti gli aspetti connessi. Non solo con la realizzazione, ma anche con la gestione. Una volta prodotta l'energia saranno fatti degli elettrodotti per la trasmissione e il conferimento in rete: dove passeranno? Di per se la messa in sito di una serie di cose non risolve il problema della valutazione, la valutazione va molto al di là.

La chiusura delle strade nel PNALM, la ricerca e le esche olfattive

D: Quali sono le azioni che secondo lei andrebbero operate con urgenza, se sono necessarie, e da chi dipende?

N.C.: Gliel'ho detto subito. È la chiusura di buona parte delle strade forestali che ancora oggi io quando percorro a piedi buona parte dei territori trovo sistematicamente aperte e anche quando ci sono dei cartelli indicatori sistematicamente violate. Questo soprattutto all'interno del Parco Nazionale d'Abruzzo. Quindi comprendo tutta una serie di difficoltà. È come quando si chiude una strada commerciale al centro di una città e c'è una sollevazione di tutta una serie di interessi. Però credo che questo sia una delle cose principali che vada fatta e credo che sia anche nella consapevolezza di chi gestisce quell'area: attualmente l'area e gestita abbastanza bene, però credo che occorra maggiore consapevolezza da parte di quei soggetti proprietari di quelle strade. Soprattutto da parte dei comuni, in qualche caso delle province che oggi hanno la competenza, non dico tanto per chiudere, ma per adottare delle forme di gestione come una velocità più limitata, l'apposizione di una segnaletica particolare, per segnalare non solo la presenza dell'orso, ma anche di cervi, di caprioli anche per aumentare la sicurezza di chi su queste strade transita.

E l'altra condizione fondamentale, parliamo nell'immediato, e quella d ripristinare un minimo di campagna alimentare della specie. Qui forse non tutti sono d'accordo, ma se noi andiamo a guardare i dati delle morti dell'Orso, non è un caso che queste sono andate ad aumentare a partire dagli anni 70. Cioè il tracollo dell'agricoltura all'interno del Parco Nazionale d'Abruzzo ha portato l'animale necessariamente a dover spostarsi di più rispetto a prima. Il parco fece le prime campagne di semina e poi le difficoltà economiche e tutta una serie di cose hanno fatto abbandonare..non solo di semina , ma anche i lanci che venivano fatti con l'elicottero di frutta. In aree sempre diverse per non abituare l'orso a mangiare sempre nello stesso posto. E questo veniva fatto ogni anno. Quindi si spendevano dei soldi per dare del cibo a questo animale. Di una cosa credo che l'Orso abbia meno bisogno. Ed è quella di continuare a spendere fiumi di denaro in ricerca (ho fatto un calcolo di circa 15 milioni di euro) in studi sull'Orso Marsicano. Tanto è vero che ho scritto che se il risultato di tutti quegli studi e quelle ricerche sono lo stato di sofferenza di oggi forse è meglio smettere immediatamente di cercare. Ci sono anche delle accuse ben precise a suo tempo fatte proprio dal direttore del Parco d'Abruzzo Franco Tassi. Dove parlando di alcune ricerche forse le prime su vasta scala, lei avrà sicuramente sentito parlare delle esche alimentari. Uno dei più grandi problemi dell'Orso, a parte se vive o se muore, è che spesso quando vive diventa il cosiddetto orso problematico. Nel senso che c'è una cosiddetta assuefazione, si perdono quelle diffidenze ataviche, si avvicina ai cassoni dell'immondizia, al turista, ma soprattutto ai pollai cosa che a memoria storica non era mai stata presente nei territori frequentati dall'Orso. L'Orso uccideva la pecora, accidentalmente il vitellino, non si era mai spinto nei pollai. Allora che cosa è che lo ha attratto improvvisamente ad andare nei pollai? Le esche, le esche alimentari adoperate per riuscire a far avvicinare l'Orso per analizzare i peli e comunque ai fini delle indagini genetiche. Quindi di queste ricerche cosi invasive non credo che l'orso abbia bisogno e tutte queste somme che non sono poche, possono essere spese sicuramente per tutte queste azioni che forse non sono risolutive, ma non sono invasive e sicuramente nel breve periodo aiutano. Poi la ricerca deve andare avanti, non siamo contro la ricerca. Ma è la sproporzione fra le somme impegnate nella ricerca e quelle impegnate nell'effettiva opera di conservazione. Spesso questi piani e progetti si fanno più per l'esigenza della ricerca che per quelle reali della conservazione della popolazione di Orso. Riguardo all'Università io ho sollevato dei problemi molto reali nel fare le ricerche relativamente alle morti di 3 anni fa nel Parco d'Abruzzo, questo è un dato di fatto. Per far avvicinare l'orso in certe aree si facevano i cosiddetti carnai, quindi praticamente è come se uno ha comunque contribuito a creare una trappola per l'orso. Perché lì chiunque sia stato, sapendo che l'orso andava sistematicamente in quell'area, non ha fatto altro che mettere dell'esca avvelenata e quindi è successo quello che è successo. Una delle precauzioni fondamentali è in questo devo dire, Franco Tassi aveva insegnato abbastanza.. ho detto prima delle campagne alimentari delle mele: non si lanciavano mai nello stesso posto, magari si rischiava che l'orso non le trovasse, andavano a marcire, non era quello il problema, ma sarebbe stato estremamente pericoloso se l'orso individuava in una località l'unico punto di alimentazione. Perché appunto, sarebbe bastato che lo scopriva una persona, che l'avrebbe saputo l'intero paese e l'avrebbe saputo anche il malintenzionato e quell'orso sarebbe stato destinato a sicura morte. Quindi ecco perché anche la ricerca non deve pensare al buon risultato della ricerca. Perché si dice , come faccio a catturare i peli? Se metto delle esche ci riesco più facilmente. Non bisogna pensare soltanto alla ricerca. La ricerca migliore e quella che riesce a scoprire veramente a capire se c'è qualche problema su cui si può intervenire immediatamente e poi dettare le strategie per il lungo periodo. Ma non deve mettere a rischio in alcun modo la vita di questi animali.

Intervista a cura di Federica Di Leonardo


Articolo tratto da gaianews.it