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PREMESSA

       [...]Collefegato deriva il suo nome non dal castello ma dal colle, da sempre chiamato Collefegato, per la sua configurazione a forma di fegato umano. La denominazione, castello di Collefegato, avvenuta in tempi remoti, è simile a quella verificatasi, di recente, il 4 settembre 1960, quando, con decreto del presidente della Repubblica, venne modificato il nome di Borgocollefegato in Borgorose, dal nome monte Rosa, monte che collega la maggior parte delle frazioni al capoluogo, Borgorose. Non solo Collefegato ma anche i paesi Borgocollefegato e Villecollefegato, da quando cominciarono ad essere abitati fino al 1960, presero il nome dal colle omonimo; dal 1960 venne cambiato non solo il nome di Borgocollefegato in Borgorose, ma anche quello di Villecollefegato in Villerose; il castello di Collefegato ridotto a ruderi per il terremoto di Avezzano del 13 gennaio 1915, con l'agglomerato costruito alle sue pendici, continuò a chiamarsi Collefegato, al fine di conservare la memoria storica.

Rieti, 12 agosto 1995
Dagli Archivi Unificati della Curia vescovile

GIOVANNI MACERONI - ANNA MARIA TASSI

IL CASTELLO DI COLLEFEGATO E
LA PRESENZA DEI BENEDETTINI

Ruderi di un torrione del castello di Collefegato
Ruderi di un torrione del castello di Collefegato


       Nel territorio preso in esame, con l'avvento del cristianesimo, alle divinità pagane in esso venerate - Mercurio, Marte, Minerva, Diana, Vesta -, subentrò il culto a Gesù Cristo, portato dai discepoli di S. Pietro, con a capo S. Marco (non l'evangelista), il quale subì il martirio ad Atina (Frosinone), sotto l'imperatore romano Domiziano (181-196).
       Dopo la prima evangelizzazione, arrivarono, durante la dominazione longobarda, i Benedettini, che impiantarono stabilmente la Chiesa con i loro monasteri, realizzarono benefiche e vaste opere d'agricoltura e riattivarono acquedotti preesistenti. I Benedettini costruirono, in tempi

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successivi, le seguenti chiese: S. Giovanni in Leopardo, presso Villa Leoparda; S. Anastasia, presso il villaggio Caseline, l'attuale Borgorose; S. Tommaso, l'attuale Madonna delle Grazie, presso Villa Tommasa; S. Maria de Vadibus, presso Villa Valle, l'attuale Villerose.
        Il 20 agosto 1995, accompagnati dai coniugi Vincenzo Fanti e Giovanna Di Pietro, da Francesco Fracassi, da Marcello Caldarelli, dai coniugi Benedetto Tabellione e Maria Franchi, abbiamo individuato i resti di Villa Tommasa. A pochi metri dalla chiesa della Madonna delle Grazie, nella direzione di Corvaro, a ridosso della collina, quasi al livello della sede stradale, a sinistra, si scorge una capiente cisterna medioevale, al di sopra della quale sono ancora visibili muri della stessa epoca. Benedetto Tabellione ci ha informato che, tra la chiesa e la cisterna, ugualmente a ridosso della collina, erano visibili, fino a circa un anno fa, alcuni mosaici, ora ricoperti di terra. Ci recammo anche al castello, guidati da Benedetto Tabellione e Francesco Fracassi, esperti del luogo, perché i loro genitori avevano la casa nel castello. Ci hanno indicato con chiarezza la via Lauretana, che giungeva fino alla chiesa; le due porte, Porta Calata e Fuori Porta. Il castello era stato costruito

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da avere comunicazione soprattutto con la chiesa di S. Giovanni in Leopardo, con Borgocollefegato e Villecollefegato.
        Nel 1979, dopo una nostra visita sul campo, davamo la seguente descrizione del distrutto castello di Collefegato: "I resti, a noi giunti, di tale imponente costruzione, sono assai frammentari, ma sufficienti per avere un quadro chiaro del complesso.
        Questo borgo doveva essere cinto di mura e di rocche sul colle, "a forma di fegato", con una estensione di circa 8.000 metri quadrati.
        Ad ovest, attiguo ad un robusto torrione, si rileva uno spazio di metri 15x15 ed al centro di esso un foro che immette ad un sotterraneo (prigione? cisterna?); ad est di questo un altro spazio, ugualmente delle dimensioni di metri 15x15; andando sempre verso est s'incontra un grande spazio di metri 32x32 con al centro un altro sotterraneo. Il corpo centrale è costituito da un ampio spazio di 120 metri per 60, attorniato di tre torrioni; intorno ad essi si sistemavano i soldati, i servi e gli artigiani.
        Tutto il restante lato est, in forma più stretta, più semplice, ricalca il lato ovest del corpo centrale. Ad occidente del castello è ubicata la chiesa medioevale, di metri 18x10, in cui è possibile ammirare il campanile, spostato leggermente a

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destra dietro l'abside, con in cima due archetti per le campane, sormontati da uno più piccolo, che creano un' armonia e un equilibrio riposanti. Accanto all' altare principale si ammira l'affresco raffigurante la Madonna del latte del 1471, restaurato nel 1947, ma oggi, purtroppo, completamente abbandonato alle intemperie [l'affresco, di recente, e stato asportato]. L'affresco ha le dimensioni di 150x85 cm. La Madonna, con atteggiamento umanissimo, è seduta, in forma ieratica e il bambino, a sua volta, siede sul suo ginocchio destro, sorretto dalla mano sinistra della Mamma, mentre succhia il latte dalla mammella destra.
        Alle due figure fa da sfondo un drappo di color ocra, trapunto con disegni di rosso cupo. Con la mano destra la Madonna sorregge, in modo quasi nervoso, in contrapposizione alla delicatezza della mano sinistra, la spalla e il braccino destri del figlio. Le manine del Bambino appaiono rozzamente ritoccate, una poggia sul petto e l'altra sulla gambina sinistra. Le aureole e le sagome sono allo stato originale, le teste e i volti restaurati, gli occhi appaiono estatici ma non astratti sui problemi del mondo".
        Il castello di Collefegato è situato sulla sommità del colle omonimo, al quale dalla parte di Corvaro si ascende per una via assai scoscesa. Una tradizione, non documentabile, vuole, come si è accennato, che un signore del territorio aquilano, Fidanza, costretto dai nemici a fuggire dalla sua terra, riunì i suoi sudditi di Villa Leoparda, di Caseline, di Villa Tommasa e di Villa Valle, e, per sicurezza, inizio a fabbricare il castello di Collefegato con mura, antemurali, e sette bastioni. Il feudo, successivamente, passò alla casa Mareri e venne bruciato da un figlio naturale del medesimo casato, perché il padre gli negava la legittima; dai Mareri passò ai Cesarini, quindi fu acquistato dal barone Ciambella de L'Aquila.
        Nel territorio del castello di Collefegato si trova la chiesa di S. Giovanni in Leopardo, di cui ora resta la bella cripta, di particolare interesse artistico e architettonico, ma in grave stato di degrado e di abbandono. La prima notizia sulla parrocchia di S. Leopardo, risalente al 1118, si trova in un documento dell'imperatore Enrico V, riportato dal Regesto e dal Chronicon Farfense.
        Il vasto territorio della diocesi di Rieti, tra gli alti e impervii monti dell' Appennino centrale, favorì, sulle colline e alle pendici di esse, a fini difensivi, la costruzione di un numero rilevante di rocche e di castelli, con monasteri benedettini e chiese private. Il vescovo di Rieti,

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Ruderi del campanile della chiesa
Ruderi del campanile della chiesa castrense di S. Maria ad Nives

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Dodone, per tutelare i suoi diritti, si accinse a riorganizzare giuridicamente la diocesi. Per tale azione fu indotto a chiedere l'intervento di papa Anastasio IV (12.7.1153-3.12.1154) che rispose al vescovo con una bolla del 23 agosto 1153. Tra i 25 oratori - cosi erano chiamati i monasteri -, troviamo elencato anche S. Leopardo di Collefegato, sancti Leopardi de Colle Fegati. In base a tale bolla, al vescovo di Rieti venivano riconosciuti i diritti episcopali, sia sulla chiesa sia sul monastero, che i Benedettini erano tenuti a soddisfare. Veniamo a sapere, da un registro della diocesi di Rieti che va dal 1398 al 1477, che la chiesa di S. Leopardo, con le sue cappelle o chiese filiali, doveva pagare al vescovo di Rieti le tasse sia del cattedratico sia della procurazione. In quegli anni ambedue le chiese di Collefegato - S. Maria ad Nives, dentro il castello, e S. Tommaso, cioe Madonna delle Grazie -, figuravano tra le chiese filiali dell'abbazia di S. Giovanni in Leopardo. Le rendite dell'abbazia venivano utilizzate per il servizio pastorale a favore delle popolazioni di detti luoghi, perché l' abbate era obbligato alla cura d'anime che esercitava, nelle chiese di sua dipendenza, attraverso sacerdoti secolari.


        Con lo scorrere del tempo, gli abbati di S. Giovanni in Leopardo tennero per sé tutte le rendite e non si curarono più di dare il giusto compenso ai sacerdoti secolari addetti all'assistenza spirituale delle popolazioni.
        Dalla visita pastorale del vescovo Saverio Marini, del 1780, si viene a conoscere l'estinzione del monastero di S. Giovanni in Leopardo. Quest'ultimo doveva pagare un tributo annuo al monastero di Fiorentillo, ubicato presso Leonessa ma nel territorio dello Stato della Chiesa. Il monastero di Fiorentillo, nel XVII secolo, si estinse e tutti i suoi beni, compresi i diritti sul monastero di S. Giovanni in Leopardo, furono uniti, per disposizione della Santa Sede, al Capitolo S. Giovanni in Laterano. Il Capitolo Lateranense, però, andò oltre quanto gli spettava e pretese anche il diritto di conferire la nomina all'abbate parroco di S. Giovanni in Leopardo, che invece era di competenza del vescovo reatino. Il Marini, nella medesima visita, si rese conto della povertà e della. fatica dei sacerdoti secolari, che dipendevano dall'abbate parroco, e decretò l'unione dell'abbazia di S. Giovanni in Leopardo ai detti sacerdoti secolari. L'unione, anche se a fatica e con tante controversie, si verificò solo più tardi.

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Tratto da: COLLEFEGATO ed. NOBILI SUD- CITTADUCALE (RIETI) 1995
Autore: MONSIGNOR GIOVANNI MACERONI - Anna Maria Tassi